Regia di Gianni Amelio vedi scheda film
Il nome di Bettino Craxi non viene mai pronunciato in questo film, nè vengono menzionati altri nomi appartenenti alla realtà dei fatti (tranne quello di Sandro Pertini). Ovviamente la storia che viene raccontata è liberamente ispirata alle vicende dell'ex primo ministro ed ex segretario del partito socialista Bettino Craxi. La storia si concentra sui suoi ultimi anni vissuti in latitanza in Tunisia per non dover scontare le condanne ricevute in contumacia dai tribunali milanesi che seguivano l'inchiesta sui finanziamenti illeciti ai partiti, inchiesta conosciuta e passata alla storia come "Tangentopoli". Craxi scappa ad Hammamet con la famiglia, gravemente ammalato di diabete, ha una gamba seriamente compromessa che rischia più volte di essere amputata. A prendersi cura dell'ex primo ministro è la moglie, ma soprattutto la figlia minore (nel film chiamata Anita), che si prodiga in tutte le maniere per poter dare al padre tutto l'appoggio necessario per affrontare i continui attacchi che gli arrivano dall'Italia. Il film comincia con un sasso tirato da una fionda da un bambino (che si intuisce subito essere Craxi da piccolo), il sasso frantuma una finestra di un collegio. Un salto temporale ci trasporta al periodo dorato di Craxi, quando con una maggioranza "bulgara" viene nuovamente acclamato al congresso socialista come leader indiscusso. L'Italia all'epoca era la quinta potenza industriale del mondo, sembrava in continua ascesa, e Craxi si prende tutto il merito della politica economica che stava portando il Paese a simili fasti. Vincenzo, un dirigente del partito e intimo amico di Craxi , cerca di avvisarlo che ci sono strani atteggiamenti da parte delle procure, che subisce continui controlli negli uffici, che c'è una situazione di allerta, di non fidarsi troppo delle persone che ora lo osannano. Il salto temporale successivo vede Craxi nella sua casa di Hammamet, circondato da militari che fanno da guardia del corpo e vigilanza alla "prigione dorata". A sconfiggere la sorveglianza sarà proprio il figlio di Vincenzo, che intanto si è suicidato, che con un'azione rocambolesca raggiunge il vecchio compagno del padre per consegnargli una lettera di quest'ultimo. Fausto (il nome del ragazzo) è chiaramente una figura simbolica nel film, una sorta di grillo parlante che mette continuamente Craxi di fronte alla sua coscienza. L'amico Vincenzo rappresentava la parte buona del suo operato, gli inizi della sua carriera politica, i valori che lo avevano portato a mettersi a capo di uno dei partiti più importanti del Paese ed infine a guidarlo. Ma Vincenzo prima, e ora il figlio Fausto, lo mettono di fronte ai suo valori traditi, alle contraddizioni che lo hanno portato alla deriva e agli errori commessi e non ammessi. Con l'arrivo di Fausto nella villa di Hammamet cambiano anche i fragili equilibri famigliari: la figlia si sente minacciata dal ragazzo, ingelosita quasi dal rapporto confidenziale che il padre ha instaurato con lui a scapito del suo, relegato più a quello di una segretaria o infermiera. La figura dell'ex primo ministro viene scannarizzata in tutte le sue sfumature più intime: come un leone in gabbia si muove tra le mura di casa o tra quelle della città sempre con i modi del leader. Nonostante sia sofferente per le sue condizioni di salute, continua lo stesso a mangiare cibi proibitivi per il diabete, vittima di una golosità e di una ingordigia veramente insane. Questo aspetto è quello che mi ha più incuriosito e che secondo me andava sviluppato meglio. Cibo e sigarette erano veleno per Craxi, che però continuava a consumare in modo spropositato quasi a voler arrivare ad un lento suicidio.
Craxi rischia più volte di morire ad Hammamet, le sue condizioni sono troppo gravi e gli ospedali tunisini non sono adeguatamente attrezzati per le cure necessarie. Nonostante questo, Craxi si ostina a rimanere prigioniero delle sue convinzioni, il suo orgoglio non gli permette di affrontare la stampa e l'opinione pubblica avversa, non ha ancora digerito le monetine dell'Hotel Raphael, monetine che continuano ad essere roventi nella memoria dell'uomo, subite come una sorta di gogna lo hanno segnato per sempre nel suo animo, non permettendogli più alcun tipo di dialogo con il popolo che solo poco tempo prima aveva governato. La latitanza-che Craxi si ostina a definire esilio-,l'incancrenirsi non solo della gamba ma anche delle sue convinzioni, lo portano ad una morte lenta e solitaria. Purtroppo il finale del film piega su una scelta simbolica. Improvvisamente il racconto deriva pericolosamente su soluzioni oniriche. I sogni di un Craxi morente dovrebbero suggerire allo spettatore significati che stentano molto ad essere chiari, o che (peggio) appaiono di una banalità sconfortante, degni di un mestierante alle prime armi. Fino ad arrivare ad un dialogo conclusivo tra Anita e Fausto (ricoverato in una clinica psichiatrica) che diventa il depositario di una verità rivelatagli da Craxi in persona e che viene custodita in una videocassetta. Verità che nel linguaggio simbolico finale del film, diventa un ultimo sasso tirato ad una vetrata. Per quanto mi riguarda è proprio questo tipo di soluzione simbolica a penalizzare il film, rendendolo molto pesante e criptico per chi non fosse a piena conoscenza dei reali fatti storici che hanno influenzato così tanto, non solo la vita di Bettino Craxi, ma anche e soprattutto la vita degli italiani. Purtroppo ho l'età per ricordarmi molto bene Tangentopoli e non sono tra quelli che riescono a guardare all'ex leader socialista come grande statista vittima di accanimenti giudiziari. Ero perciò partita prevenuta alla visione del film, che invece mi ha molto stupita per la chiave di lettura umana che ha saputo dare alla prima parte della storia, ma che mi ha altrettanto delusa per come ha pasticciato gli ultimi 30 minuti cercando di trovare una soluzione "romantica" alla "Buongiorno notte" di Marco Bellocchio, risultando però alquanto patetica e rimanendo ben lontano dal risultato sperato. A salvare i momenti meno convincenti del film è l'ottima interpretazione di Pierfrancesco Favino, calatosi perfettamente nei panni di Craxi, ne ha colto ogni espressione e movenza, facendomi quasi dubitare in alcuni punti che non avessero usato immagini di repertorio. Interpretazione, quella di Favino, che ha offuscato tutte quelle dei co-primari, soprattutto quella di Luca Filippi nei panni di Fausto, personaggio di per sè caricato di troppa importanza e reso marginale e a tratti dimenticabile da una interpretazione troppo debole. Bravi come sempre Renato Carpentieri nel ruolo di un politico che va a trovare Craxi ad Hammamet per convincerlo a curarsi in Italia, e Giuseppe Caderna in Vincenzo.
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