Regia di Gianni Amelio vedi scheda film
Una biografia non ufficiale ma una biografia verosimile in estrema sintesi “Hammamet” di Gianni Amelio. Si parte con il congresso del ’89, avveniristico e Pansechiano, con Craxi ancora trionfante e protervo con il compagno Vincenzo voce fuori dal coro del socialismo rampante, fino all’esilio tunisino forzato. Privato e pubblico si mescolano facendo emergere l’uomo politico che non si arrende al colpo di Stato di Mani Pulite. Combatte, scrive, gioca col nipote garibaldino, parla a ruota libera, mangia, si confessa al figlio di Vincenzo. Fausto si presenta come un ladro nella sua dimora, forse vuole vendicare la morte violenta del padre, amico di Bettino e coscienza critica. Il ragazzo subisce il fascino e l’affabulazione del leader, del leone ferito ma non domo. La figlia cura e protegge il padre, il figlio cerca un salvacondotto impossibile in Italia per il suo rientro, per curare la gamba, il cuore affaticato. La moglie vive in una dimensione cinefila e beata, l’amante racchiude in una tante figure femminili affascinate dal potere craxiano. Il nipote spiega Sigonella sulla spiaggia, lui canta se stesso ferito ad una gamba e nell’animo fiero.
Gianni Amelio dissemina “Hammamet” di tanti elementi reali, riesce a restituire un quadro politico e personale del vero Craxi. In perfetto equilibrio, senza farne un’agiografia o un ritratto che faccia godere i giustizialisti un tanto al chilo (per parafrasare Craxi stesso). Grazie all’interpretazione da Oscar di Pierfrancesco Favino, degna di Volonté - viviamo un periodo rimosso, buio, scomodo che la narrativa massimalista ci ha indottrinato a considerare tutta marcia e tutta diabolica. Una narrativa al servizio di giudici eroi (povero il paese che…). Eppure non si può dimenticare in cinematografia il profetico Portaborse antisocialista di Luchetti e Moretti. I turisti che lo insultano è l’Italia maggioranza di oggi, non sa più discernere e dunque scade nel bieco qualunquismo. Craxi non era uno stinco di santo ma perlomeno era un animale politico di rilievo, aveva e rappresentava un ideale, era sistema (non esente da colpe) che per sostenersi ha perso il controllo. La giustizia non può e non potrà mai sostituire la politica, quella autentica, anche quella sangue e merda che sta comunque alla base delle democrazia di un paese.
Amelio lancia un sasso, gesto alla 400 colpi per la sua cinefilia. Un gesto ribelle che ha già pagato abbondantemente il suo conto con la storia. Un finale metafora aperto agli interrogativi. Un sasso contro una società infetta? Contro il sistema? Contro la disumanità? Una sconfitta senz’altro, per tutti.
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