Un film innazitutto metafisico. Interessante per l'idea, ma controverso nello sviluppo. Di sicuro troppo criptico, magari per paure legate a problemi di querele o per mancato approfondimento, non riesce a definire nè la psicologia di un leader carismatico come fu Bettino Craxi, nella pellicola "l'innominato", mai chiamato per nome.
Un film innanzitutto metafisico. Interessante per l'idea, ma controverso nello sviluppo. Di sicuro troppo criptico, magari per paure legate a problemi di querele o per mancato approfondimento, Hammamet non riesce a definire nè la psicologia di un leader carismatico come fu Bettino Craxi, nella pellicola "l'innominato", mai chiamato per nome, come nessuno dei personaggi di cui si stenta addirittura a gestirne le identità. Rimangono in superficie ahimè, anche i suoi ideali politici, i suoi errori, i suoi furti, la relazione con la moglie, le amanti o lo strano, fallimentare rapporto con la famiglia stessa del "Presidente" socialista.
Il film fa l'errore di dare tutto per scontato. Come se chiunque, i molto giovani, gli stranieri, fossero obbligati a conoscere e comprendere i difficilissimi miasmi - chiasmi, inciuci, "magna magna", così definiti dal protagonista stesso della storia politica d'Italia degli anni '90, dipanata tra guardie e ladri, "mani pulite" e mani sporche, per così dire. Questa la pecca primaria di un film che potrebbe, data anche la produzione Rai, lo sfondo del terrorismo, il girato in Tunisia, ambire all'internazionalità come fa sempre ad esempio Sorrentino.
Invece questo sa di provincia, di cosa nostra, di laviamo i panni in casa. Se l'intento era di far conoscere la storia al di fuori dell'italia, non è riuscito.
Per lo più inquadrato come tra virgolette in 16:9 e 4:3, il buon Favino da un'interpretazione credibile, ma non eccelsa. Anche qui si tende a imitare, non ad interpretare cose che, non a caso, sono molto diverse per i palati più sensibili.
Seppur mettendoci un totale impegno il bravo e scrupoloso Pierfrancesco non riesce nello sforzo titanico di risollevare le sorti di un film per lo più banalotto, lento e noioso.
Grande pregio, ma non del film di per sè, è l'idea che soggiace ad esso, illustrare un perdente, uno che dal potere è stato fagocitato e anche diciamo "evacuato", per usare un eufemismo. Di sicuro c'è un fatto; vuoi per gusti politici, vuoi per curiosità, vuoi per ozio, il film farà molto discutere; eventualemente scopo primario del cinema, come quello di ogni arte, che dovrebbe unire anche parti avverse in un raccordo dialogico e di scambio, utile alla crescita di tutti. E, in questo, si spera avrà successo, nonostante i toni accesi in conferenza stampa, innanzitutto del regista a chi poneva domande scomode o a chi non era d'accordo con la visione.
Hammamet si ammanta per 126 minuti di mistero, se vogliamo, ma quel mistero diventa comico. Non per voler definire un genere a tutti i costi, ma la pellicola non è traccia documentaristica, non è politica, non è drammatica e tantomeno comica; non è inoltre storica, dato che mescola troppo abilmente interventi autoriali, sogni, ricordi, che a stento rievocano la realtà, per quanto opaca, densa e non univoca essa possa essere.
La domanda sorge quindi spontanea: che film è allora o cosa vorrebbe essere Hammamet? Forse e, per la prima volta, Amelio ha voluto cimentarsi con il genere Horror. Si, ma Vacui.
Se non altro della politica italiana, che oggi è ancora peggio di 20, 30 anni fa, perchè non ci sono più i leader, ma solo i "lader".
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