Regia di Pietro Marcello vedi scheda film
Si vede che Pietro Marcello ha studiato all'istituto d'arte, il suo Martin Eden ha un senso estetico veramente sublime. Una serie di fotografie antiche, messe insieme da una narrazione alternata tra il racconto di una voce fuori campo e i dialoghi, ben costruiti, tra i protagonisti.
L'affascinante storia di Jack London, nel modo in cui la racconta Marcello, sembra prendere vita proprio dalle pagine dell'omonimo libro e l'impressione è quella di entrarci dentro. Il merito è anche di Luca Marinelli, perfetto nel ruolo del protagonista. Gioca con l'accento napoletano, con il rude e romantico carattere del protagonista e con lui cresce, si evolve fino a diventare il lato peggiore di ciò che avrebbe voluto essere.
Per quanto uno possa considerare notevole la prova di Marinelli credo sia giusto ammettere che la Coppa Volpi assegnatagli a Venezia possa definirsi estrema. Il suo Martin Eden è intenso, non sorride mai, ha lo sguardo spento anche quando si vede ardere dentro un fuoco. Ha fatto bene ma poteva fare senz'altro meglio.
Il contesto politico di sfondo, forse la parte meno appetibile della pellicola e quella curata con più superficialità, e che circonda Eden ha finito per renderlo immune all'amore, propenso solo a portare allo stremo ciò in cui crede, quasi un prodotto della società che lo circonda e che lui tanto odia.
Viene da chiedersi cosa sarebbe rimasto se Marcello avesse deciso di raccontare solo il lato romantico, escludendo il senso democratico di cui la pellicola è pregna e non dal principio. E' proprio l'imporvviso e non esplicato lato politico che improvvisamente irrompe a sciogliere quel nodo incantevole che il film aveva creato. Insomma, l'opera seconda di Pietro Marcello a tratti incanta ma non convince mai davvero.
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