Regia di Pietro Marcello vedi scheda film
Senza tradire il proprio inconfondibile modo di girare, il regista si è cimentato con la fiction, raccontando la storia di Martin Eden, liberamente traendola dal romanzo di Jack London, alle cui pagine, in parte autobiografiche, mi riportano i miei ricordi di ragazzina amante della lettura: pagine, allora, a me molto care (e, ora temo, poco capite)
È stato un piacere ritrovare al cinema Pietro Marcello, singolare e originale regista italiano, ora al terzo lungometraggio distribuito nelle sale, dopo i due racconti-documentari, in passato apprezzati e commentati alla loro uscita: La bocca del lupo (2010) e Bella e perduta (2015).
Questa volta, senza tradire il proprio inconfondibile modo di girare, il regista si è cimentato con la fiction, raccontando la storia di Martin Eden*, liberamente traendola dal romanzo di Jack London, alle cui pagine, in parte autobiografiche, mi riportano i miei ricordi di ragazzina amante della lettura: pagine, allora, a me molto care (e, ora temo, poco capite).
Lo scrittore aveva descritto l’ascesa sociale del giovane Martin, il “selvaggio” marinaio, che, infiammato d’amore per la bella e raffinata Ruth, studentessa alto-borghese dei quartieri prestigiosi di San Francisco, aveva compreso che nella cultura e nella conoscenza dell’arte e della poesia era la strada da percorrere per diventare degno di lei, uscendo dalla povertà e dall’irrilevanza sociale, costringendosi a riprendere gli studi, fra sacrifici e umiliazioni di ogni genere.
La vicenda del selvaggio marinaio di San Francisco viene ripresa quasi alla lettera, ma spostata a Napoli, dove Martin Eden è un bellissimo marinaio che ha il volto e il corpo di Luca Marinelli (Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile, assegnata a Venezia pochi giorni fa).
Martin era cresciuto nei vicoli straccioni e sordidi del capoluogo, aveva interrotto gli studi e si era irrobustito imparando a lottare contro i feroci monelli di strada che lo prendevano di mira. Aveva incontrato casualmente la bella Elena Orsini (Jessica Cressy), dopo aver sottratto suo fratello Arturo Orsini (Giustiniano Alpi) alle botte di un gruppo di feroci teppisti che lo stavano massacrando…La storia, mutati i nomi, è la stessa del romanzo, poiché Pietro Marcello si è limitato a trasportarla a Napoli, in un periodo imprecisato del secolo breve, collocabile, comunque fra la fine degli anni ’30, alla vigilia della guerra e l’inizio degli anni ’60 (forse prima del boom economico).
Ha utilizzato fotografie e spezzoni di documentari e anche di film, per delinearne in modo diacronico ed ellittico la dimensione storica; infine, ha fissato su pellicola da 16 mm. il singolare mosaico, in coerenza con il suo cinema precedente, a basso budget e insolito.
A spiegare il progetto è lo stesso regista in occasione della partecipazione, in concorso, al Festival di Venezia 2019 quando, intervistato in merito alla scelta di quel testo, apparentemente lontano dai nostri giorni e dalla nostra sensibilità, ha precisato che al di là delle vicende personali di Martin e del drammatico scacco esistenziale che lo avrebbe indotto al suicidio, il romanzo si rivela, se attentamente meditato, quasi profetico delle inquietudini e degli errori che hanno attraversato la storia del ‘900 fra le due guerre, in Europa e nel nostro paese.
Le variazioni non piccole che il regista ha apportato nei confronti del romanzo non ne hanno perciò tradito lo spirito (benché, a mio avviso, quell’antico racconto di formazione, riletto con gli occhi di oggi, riveli, oltre ai suoi anni, la sua profonda “americanità”).
Si direbbe, anzi, che il film gli restituisca un’imprevista vitalità, grazie ad alcuni arditi accostamenti che forse ne costituiscono la parte più discutibile. Mi riferisco alla seconda parte del film, quella relativa alla nascita della coscienza sindacale del protagonista affascinato dapprima dal socialismo, poi dal darwinismo sociale spenceriano, coerentemente col suo individualismo.
Gli scritti di Spencer, in realtà, ebbero nel corso dell”800 un’importanza enorme, quasi determinante per la nascita della sociologia sociale e per le teorizzazioni del socialismo, ma in Italia (e nella Napoli hegeliana e successivamente neo-hegeliana in modo particolare) erano rimasti per lo più sconosciuti, anche in pieno periodo positivistico**.
Se, come ha dichiarato il regista, lo aveva colpito “la capacità di Jack London di vedere come in uno specchio le fosche tinte del futuro, le perversioni e i tormenti del Novecento”, forse avrebbe potuto e dovuto pescare in altre acque, quelle dell’anarco-sindacalismo soreliano, per esempio, o del sindacalismo rivoluzionario in Italia e delle sue ambiguità.***
Il film, comunque, al di là di questi rilievi, che non intendono sminuirne le qualità, è tra i migliori visti in Italia in questi ultimi anni, ricco com’è di immagini poetiche belle e suggestive, di citazioni e autocitazioni, di passione registica e interpretativa.
Da vedere.
∞Ω∞Ω∞
* era uscito in Italia per la prima volta nel 1925, ma l’edizione americana risaliva al 1909
** Si veda, a questo proposito, QUI
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Qui troverete un interessante scritto di Marco Masulli:
« Il rapporto tra il sindacalismo rivoluzionario e le origini del fascismo: appunti di lavoro », Diacronie [Online], N° 17, 1 | 2014, documento 8, Messo online il 01 mars 2014, consultato il 13 septembre 2019.
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Salve, evito di commentare Maurri 63, il film non gli è piaciuto, non ci ha creduto e la foto del suo profilo da aspirante critico di festival chiarisce il perché dei suoi modi rabbiosi. Sulla questione dell'aver ripreso Spencer e quindi di aver seguito fedelmente il romanzo posso darle due risposte. Prima, non è vero che Spencer non avesse seguito in Italia, forse lei dimentica che anche il poeta Giovanni Pascoli da giovane ne fu un entusiasta seguace e che attraverso il rapporto del filosofo evoluzionista con J. Stuart Mill il suo pensiero ebbe influenze nel nostro Paese. Ma la seconda motivazione è più cocente, avevamo bisogno di un pensatore dell'evoluzionismo (e lui ne fu anche precursore) che contenesse in sé anche un aspetto negativo di individualismo, quello reazionario (calcoli che dal 900 in poi Spencer è ritenuto un padre del neoliberismo, più dello stesso Darwin il cui pensiero invece ricevette la diffusione più "collettivista" da parte di Thomas Huxley). Solo lo stesso Spencer può avere questo ruolo e non i soreliani a cui alla fine avremmo dovuto conferire un'interpretazione forzata ( le "belve bionde" nominate da Martin Eden-Jack London). Non so se riesco a spiegarmi bene in poche parole, il tema non era la deriva del personaggio verso il fascismo ma verso l'individualismo reazionario e in tal modo abbiamo cercato di mantenere un tema più universale (ma anche più irrisolto oggi) che quello del Ventennio italiano. calcoli che poi lo stesso Jack London era un seguace di Spencer di cui condivideva le teorie evoluzionistiche e quelle più mistiche (ma questo è un altro discorso). Quindi Spencer come ispiratore della letteratura londoniana ma con i semi di una deriva reazionaria con cui lo stesso scrittore dovette fare i conti (su questo conosce le pagine scritte da Edmondo Peluso, bordighiano napoletano e amico di London che poi morì in un gulag?). Insomma è un gioco di specchi intorno ai rischi dell'individualismo-liberismo quello che ci propone London e a quello ci siamo attenuti. Avremo fatto bene o male? Non so ma abbiamo seguito l'autore. Maurizio Braucci- cosceneggiatore del film
scusi, dimenticavo di indicarle il libro "Le origini del socialismo a Napoli (1870-1892)" di Nunzio Dell'Erba - Franco Angeli Editore
Mentre confermo il mio positivo giudizio sul film che insieme al regista lei ha sceneggiato, preciso che non ho sostenuto affatto che, in Italia, non se ne fosse sentito parlare, bensì che i suoi scritti in Italia non erano arrivati, nè erano stati tradotti. La loro traduzione fu molto tardiva (non prima degli anni '50, ma per quanto io abbia cercato la data dell'edizione di Spencer in italiano, non l'ho trovata). Questo non significa che, attraverso Stuart Mill non ne fosse arrivata notizia. A me risulta che lo avesse sicuramente letto in inglese solo Lombroso, che non a caso è il positivista italiano più conosciuto in Europa. Potrei continuare, ma non vedo che cosa aggiungerebbe o toglierebbe alla qualità del vostro film sulla quale ho già espresso il mio positivo giudizio. La ringrazio per avermi spiegato la "ratio" della scelta che vi ha portato a privilegiare la fedeltà stretta al romanzo, così come la ringrazio per la breve aggiunta bibliografica. Vi auguro buona fortuna per il vostro film.
...ringrazio Maurizio Braucci per aver qui scritto e chiedo venia alla cara laulilla, se, come in un film, in fondo, "si parla a nuora perché suocera intenda". Prenderò poco spazio per la risposta: tengo però a dire che una forte delusione deriva da un autore in cui crediamo, caro omonimo Maurizio, non da un illustre sconosciuto. E, probabilmente, ho amato molto il documentarista, prima di scriverne. Era doveroso aggiungerlo, giacché Marcello resta per me un grande nome, che in un futuro prossimo potrà dire la sua, eccome. Detto questo, la domanda resta sempre la stessa: se l'autore assume il punto di vista del soggetto principale, non può, improvvisamente negarlo. Allora, essendo il romanzo di London pregno di altra cultura, perché sostenere fedeltà ad un testo che sembra ispirare altro ? Ovviamente, nessuna polemica; tendo a tranquillizzare Braucci: non "aspiro" a critica e la mia foto profilo è una semplice vittoria del sito, di cui sono comunque parte: nel 2017 per la prima volta siamo stati accreditati a Cannes in modo ufficiale. Mi occupo di cinema da oltre 20 anni, certo, più spesso con l'intento di promulgarne le alterne fortune che non di stroncarle ma talvolta cercando di capire messaggi oscuri presenti in opere che lo sono altrettanto; nessuna rabbia, quindi: penso sia preferibile a chicchessia chi manifesta, argomentandolo, dissenso, senza nascondersi. E attendo gli autori per un prossimo dibattito, magari con la presenza dei miei studenti, tra Caserta e Napoli. Buon lavoro, M
Complimenti per come hai ben presentato questo splendido film che intreccia bene alcuni eventi storici con esistenzialismo, sentimento e lotta di classe. Gli albori del socialismo riadattati come "involucro" per quel personaggio malinconico e individualista che è il Martin Eden di Jack London. Alcuni passaggi altamente poetici appartengono al Martin "marcelliano" e li ho annotati dopo esserne rimasto veramente colpito. Queste sono le produzioni italiane che più amo. Bellissima recensione.
Grazie a te per il gentile commento molto generoso con il mio scritto. Un saluto! :)
Appena visto,non ho nemmeno voglia di approfondire temi contestati al film nelle risposte precedenti,si forse il regista poteva risparmiarsi quei continui insertini che rallentano o confondono lo spettatore....comunque nell'insieme bello e promosso.....grazie lilli.
Sì, anche secondo me è da promuovere. Sull'esattezza delle mie osservazioni, ampiamente documentabili, non ho alcun dubbio. Nell'insieme la discussione è stata abbastanza interessante e ha permesso qualche chiarimento. Buona notte, Ezio, e grazie..
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