Regia di Jonas Carpignano vedi scheda film
Chiara è una ragazza della provincia calabrese, fra cazzeggio adolescenziale e festicciole, la sua vita scorre serena.
La latitanza improvvisa del padre, affiliato di ndrangheta, sconvolge la sua esistenza ponendola davanti a scelte difficili.
Film fragile, fragile, misero, grossolano.
Tematiche trattate con superficialità e ignoranza, non manca nemmeno la didascalica morale istituzionale.
Si cade nel patetico con la scena pacchiana ed inguardabile dell'assistente sociale e nel ridicolo con i trafficanti di droga all'opera con tanto di ragazzina al seguito.
Poche e confuse idee, un film banale ed un pó marchettaro.
Denigratorio, la Calabria è prigionia, fuori c'è la libertà,
volgarmente giustificatorio, " la chiamano mafia, ma per noi è sopravvivenza,
fortemente contraddittorio.
Parlata stretta, recitazione a volte arrancante, ma al tempo stesso sorprendente considerando che gli attori sono tutti presi dalla strada.
Carpignano gioca ancora la carta di un finto neorealismo, indovina qualche giocata e ne sbaglia tante clamorosamente, non ha molte qualità, ma è furbo, maledettamente furbo.
Conclude, almeno si spera, così la trilogia calabra.
Fotografia cupa che fa apparire decadente, sciatta e spettrale Gioia Tauro ancor più di quello che sia.
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