L'arabo Sadiel, leader dell'opposizione nel suo paese, è confinato a Ginevra, ma arde per tornare in patria. L'occasione gli si presenta quando un giornalista suo amico, François Darien, lo invita a Parigi per una trasmissione televisiva sul Terzo Mondo. Nella capitale francese, infatti, Sadiel pensa di riprendere una serie di contatti che dovrebbe facilitargli il ritorno. In realtà, però, egli cade nella trappola che Darien, ricattato dagli agenti del servizio segreto gollista, ha contribuito a tendergli.
La forza de "L'attentato" non sta nella trama tinta di intrigo geopolitico. Ma in quella solidità filmica tipica di un certo cinema anni settanta, data dal talento degli attori che si mettevano al servizio della storia e dal mestiere di un regista come Boisset che sapeva come non strafare. Ovvero, quel buon cinema medio che si sa fare sempre meno.
Yves Boisset di ottimi film non ne ha mai diretti e anche di questo, se nessuno lo recuperava, non avremmo sentito la mancanza, nonostante 5 o 6 bravi attori tra i quali solo Trintignant si guadagna veramente la paga, perché è un giallo-poliziesco-politico confuso e dalla trama poco interessante.
Nel 1972 Gian Maria Volontè era all’apice della sua carriera. Le sue interpretazioni erano uno spettacolo dopo l’altro: tra il persuasivo Enrico Mattei de “Il caso Mattei” di Rosi, il redattore reazionario di “Sbatti il mostro in prima pagina” di Marco Bellocchio e il laconico “Lucky Luciano” ancora di Rosi, infilò il carismatico… leggi tutto
Nel 1972 Gian Maria Volontè era all’apice della sua carriera. Le sue interpretazioni erano uno spettacolo dopo l’altro: tra il persuasivo Enrico Mattei de “Il caso Mattei” di Rosi, il redattore reazionario di “Sbatti il mostro in prima pagina” di Marco Bellocchio e il laconico “Lucky Luciano” ancora di Rosi, infilò il carismatico…
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La forza de "L'attentato" non sta nella trama tinta di intrigo geopolitico. Ma in quella solidità filmica tipica di un certo cinema anni settanta, data dal talento degli attori che si mettevano al servizio della storia e dal mestiere di un regista come Boisset che sapeva come non strafare. Ovvero, quel buon cinema medio che si sa fare sempre meno.
commento di Peppe ComuneYves Boisset di ottimi film non ne ha mai diretti e anche di questo, se nessuno lo recuperava, non avremmo sentito la mancanza, nonostante 5 o 6 bravi attori tra i quali solo Trintignant si guadagna veramente la paga, perché è un giallo-poliziesco-politico confuso e dalla trama poco interessante.
commento di marco bi