Regia di Alexandre Aja vedi scheda film
Due sono i problemi degli animal attack movie di ultima generazione:
1) l’uso del digitale che toglie plasticità e sostanza all’animale e viene percepito dai nostri occhi come “falso”, mentre invece l’utilizzo di animali veri o in meccatronica, seppur visibilmente artefatti, vengono percepiti dai nostri occhi come “reali”, perché di fatto lo sono;
2) le trame contorte, perfino bizzarre, che incorniciano quello che è il nucleo narrativo fondamentale, ovvero la minaccia e l’attacco animale, come per esempio succede in Shark 3D (Kimble Rendall, 2012) dove degli squali si aggirano per un supermercato inondato: era necessario?
Lo stesso succede purtroppo anche in Crawl, killer croc movie firmato dal buon Alexandre Aja e da cui ci si poteva aspettare di più – anche per la produzione di Sam Raimi. Il digitale con cui si ricreano i grossi alligatori, o gli smembramenti dei personaggi, non dà giustizia all’effetto mostruoso e anche solamente animale che film di questo genere dovrebbero dare. Ricordate Alligator (Lewis Teague, 1980) o Killer Crocodile (Fabrizio De Angelis, 1989)? Tutta un’altra storia. È vero che il regista, contrariamente a Raimi, ha voluto evitare la personalizzazione degli alligatori – cicatrici vistose, istinto vendicativo più che predatorio, etc... – e cercare quindi un approccio più realistico, di scuola europea, a una storia di sopravvivenza a un attacco animale, ma resta il fatto che il prodotto finale, pur divertente, non può rivaleggiare con i classici del genere.
Anche la sceneggiatura porta distrazioni inutili. Perché raccontare del conflitto e delle incomprensioni di padre e figlia? Sono moduli narrativi che non c’entrano con il plot di base e rubano fascino ed efficacia alla trama horror. Nonostante più o meno 15 attacchi dei coccodrilli, il film, di solo 1h27’, dedica troppo tempo alla verbosità e meno al gioco, di molto più eccitante, dell’attacco sinuoso dei coccodrilli, che ha già di suo tutto un altro bagaglio simbolico, qui purtroppo inutilizzato.
La grandezza, la misura, l’equilibrio, lo stile, l’efficacia di Jaws (Steven Spielberg, 1975), prototipo moderno del genere, restano ancora ampiamente non raggiunte se non da un pugno di film, tra cui Razorback (Russel Mulcahy, 1984) e Backcountry (Adam MacDonald, 2014).
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