Regia di Patricio Guzmán vedi scheda film
FESTIVAL DI CANNES 2019 - FUORI CONCORSO La Cordigliera rappresenta, per il Cile che la ospita, tecnicamente una limitazione allo sviluppo di una vita sociale agevole e senza ostacoli. Di fatto la catena montuosa lunga come fosse la spina dorsale di tutto il pianeta, e che occupa circa l'80% della superficie del paese che la ospita, rappresenta un simbolo, una risorsa, una ricchezza inestimabile; ma anche un monumento naturale sconosciuto alla maggior parte dei cileni, o a loro stessi per gran parte inaccessibile in quanto in larga misura, e non è noto con quale criterio a tutela della collettività, di proprietà di società e colossi spesso stranieri impegnati a sfruttarla e ad arricchirsi per i loro esclusivi interessi, che non corrispondono mai né si indirizzano verso le esigenze del popolo cileno.
Mentre il grande documentarista cileno, residente da quasi quarant'anni in Francia, ci rende note queste considerazioni affrontando in prima persona la arguta osservazione dei fatti con la propria voce pacata ma grave, lo stesso Guzman intervista artisti, uomini di cultura, personaggi pubblici, videomakers e tecnici esperti dell'argomento. E' facendo ciò che il suo sguardo potente alterna immagini mozzafiato della Cordigliera, vero e proprio portento di madre natura, con riprese della capitale cilena, di sfruttamento dei materiali che il gigante fornisce, e poi la mente sorvola e torna al fulcro della tragedia che tutto sconvolse e mutò per sempre i ritmi di vita, l'atteggiamento verso il futuro ed il modo di affrontare le incognite dell'avvenire: il golpe del 1973 per mano di Pinochet ai danni del governo presieduto da Allende.
"Un artista dovrebbe battersi unicamente per la valorizzazione del patrimonio culturale del proprio paese", ci riferisce uno degli intervistati amici o conoscenti di Guzman, che precisa e conferma la sua natura di esule volontario da un paese che non ha mai più saputo trovare la serenità spontanea dei tempi di Allende. Una assenza deliberata, ma che tuttavia non gli ha impedito di girare, in questo quarantennio di separazione scientemente ricercata, almeno venti film tutti esclusivamente dedicati alla prooria amata terra natia.
Guzman è grande nel riuscire a collegare, attraverso le sue pacate riflessioni, bellezze paesaggistiche assute, associandole con maestria innata e senza creare ostacoli o tergiversamenti cervellotici, all'origine di ogni male e sopruso patito quarantacinque anni orsono. Nel contempo le immagini riempiono gli occhi ed emozionano, e la testimonianza oculata e brillante del regista ne completa e confuta le argute e motivate, sacrosante conclusioni.
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