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Burning Cane

Regia di Phillip Youmans vedi scheda film

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La recensione su Burning Cane

di supadany
7 stelle

Venezia 76 – Giornate degli autori.

Quando morirai, non potrai portarti appresso nessun bene materiale, mentre ogni pillola di amore donato o ricevuto rimarrà al tuo fianco sine die. Per questa ragione, occorre smettere di pensare esclusivamente all’accumulo bulimico di oggetti terreni, non ascoltare le false dottrine che puntano a spremere l’interlocutore e riprendere in mano i legami umani che ci riguardano da vicino, senza lasciare la barca inerme alle intemperie del mare aperto.

Gli esseri umani saranno anche quelli di sempre ma la parola resa dovrebbe essere bandita dal vocabolario.

Louisiana, tra i campi della profonda provincia. Helen Wayne (Karen Kaia Livers) è una donna religiosa, costretta a un rapporto tempestoso con suo figlio Daniel (Dominique McClellan), alcolizzato e dal temperamento ingestibile.

Fuori dalle pareti di casa, il principale legame che intrattiene è con il reverendo Tillman (Wendell Pierce), un predicatore di grande persuasione ma colpito dal degrado dei tempi e piegato da un brutto vizio.

Dopo tanti anni di patimenti, Helen deve sciogliere i nodi che la impensieriscono.

 

Wendell Pierce

Burning Cane (2019): Wendell Pierce

 

Nel suo piccolo, Burning Cane è un film da record. Infatti, Phillip Youmans lo ha scritto, girato e montato alla tenera età di diciassette anni (invece, il ruolo di produttore esecutivo è ricoperto da Benh Zeitlin, il regista di Re della terra selvaggia), è riuscito a farsi selezionare dal Tribeca Film Festival, diventando il più giovane autore invitato di sempre, e si è perfino aggiudicato parecchi premi (ad esempio, è stato il primo regista afroamericano a ricevere il Founders Prize).

Una precocità agevolata dal fatto di essersi affidati a un collage delle esperienze umane vissute dallo stesso Phillip Youmans e da sua madre, ma il quadro multidimensionale che scaturisce è comunque talmente integerrimo e depurato da qualunque concessione da giustificare le attenzioni ricevute.

La scacchiera è costituita da una comunità afroamericana aggrappata agli indiscutibili valori della fede, ma anche tormentata da quelle debolezze comuni a ogni latitudine. Una base spirituale in cui decantano, fermentano e trasudano i tre personaggi accennati dalla trama, con monologhi articolati su ricordi o sermoni, dialoghi di poche parole, con una terminologia accuratamente selezionata. 

Contestualmente, la struttura narrativa è minimalista, mentre l’atmosfera stratificata e l’illuminazione della fotografia portano in dote una visione estetica sopraffina. Praticamente, gli esterni sono dipinti di nuvole e campi, mentre gli interni sono attraversati da anelli di fumo e da una penombra che lascia presagire tensioni sottocutanee.

La somma di questi fattori è una sorta di report ruvido, essenziale e ipnotico, grondante demoni interiori fuori controllo, inspessito dalla presenza di un pezzo da novanta qual è Wendell Pierce (vedi le serie tv The wire e Treme), un attore che risulterebbe credibile e avvincente anche leggendo la lista della spesa.

Quindi, Burning Cane racconta la durezza della vita in maniera cruda, in una combinazione tra il cinema black di Moonlight e il naturale scorrere degli eventi di Louisiana - The other side (qui, più semplicemente si riproduce un trascorso evitando forzature), snocciolando fatti personali e un malessere irrecuperabile, rendendoli dannatamente percepibili.

Austero e sincero.

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