Regia di Sydney Pollack vedi scheda film
Buffo seguire la genesi di un film: Arthur Laurents ha l'idea originale, basata su una ragazza ebrea che aveva conosciuto all'università. Scrive una bozza con Barbra Streisand in mente, glie la sottopone, lei è entusiasta ed accetta. Poi Laurents propone Pollak come regista, questi accetta ma tira dentro Redford, e pretende che il suo personaggio da marginale diventi alla pari di quello femminile. Regista e scrittore stendono la sceneggiatura definitiva, ma Laurents si arrabbia perché vede il suo lavoro storpiato, abbandona e dopo altre vicissitudini torna a suon di dollari. Durante i primi screen test Pollak non vede negli spettatori il coinvolgimento che si aspetta, quindi taglia cinque scene (due delle quali importantissime per lo svolgimento della vicenda). Risultato: il pubblico piange ma il film è zoppo, monco, tronco. In particolare, non è chiaro il motivo per cui i due si lascino: resta il dubbio che sia perché lui l'ha tradita, ma invece nelle scene tagliate si capiva chiaramente che lei sentiva la necessità di tornare all'impegno civile, mentre a lui era stato detto dai produttori che se non avesse divorziato da una moglie tanto scomoda non avrebbe più trovato lavoro ad Hollywood. La Streisand, a ragione, non l'ha mai perdonata a Pollak, e sarebbe auspicabile che fosse disponibile una versione con le scene che erano state rimosse. Nonostante questo buco di sceneggiatura ed il fatto che la parte centrale, quella politica, sia un po' debole, il livello del film resta alto soprattutto per merito dei due protagonisti (in forma smagliante), dei dialoghi e della musica, senza la quale il film non sarebbe quello che è. La pellicola parla della sofferenza per ciò che si perde, dell'impossibilità di superare le differenze che separano, del tempo che logora i rapporti, di quello che sarebbe potuto essere e non è stato e dell'importanza di lottare per raggiungere l'obiettivo più importante: nella scena finale Hubbell è sostanzialmente un fallito, non ha realizzato il suo potenziale ed è diventato un anonimo scrittore di sitcom. Un po' come questo stesso film: bello, ma poteva essere migliore.
Katie Morosky è una giovane studentessa ebrea politicamente impegnata che studia in un college americano, dove incontra e si innamora di Hubbell Gardiner, un WASP al quale tutto riesce facile: sport, donne, vita sociale e studio. I due si incontrano più volte, finché si innamorano e si sposano, ma il destino sta per metterli duramente alla prova....
Bravo nella direzione degli attori (famosa la scena nella quale la Streisand non riusciva a piangere), molto meno nella decisione di deturpare la pellicola per andare incontro ai gusti del popolino. Paradossale: non ha imparato nulla dalla storia che egli stesso ha narrato nel film.
La parte era stata scritta da Laurents per Ryan O'Neal, che a quel tempo aveva una relazione ormai agli sgoccioli proprio con la Streisand. Per evitare attriti tra i due protagonisti si è quindi pensato a Redford, che fu però molto titubante nell'accettare la parte, dato che non era attirato dall'interpretare la parte del pin-up boy smidollato e senza grinta. Alla fine accettò, ma pretese che il personaggio fosse rinforzato. La sua interpretazione è ottima, sfoggia una classe inarrivabile aggiungendo tocchi geniali.
La Streisand è una mantide abituata a divorarsi tutti quelli che le capitano sul set, facilitata in questo dal fatto di essere non solo una attrice, ma anche una grande cantante, un'arma questa spesso invincibile. Qui non riesce a mangiarsi Redford, ma si prende comunque la parte della leonessa, spadroneggiando in lungo e in largo. Nomination all'Oscar ed al Golden Globe come migliore attrice, ed un David di Donatello.
L'attrice svedese si vede in un paio di apparizioni, ma annega nella confusione della parte più debole del film.
E' J.J., l'amicone di Hubbell fin dai tempi dell'università. L'apporto è limitato e poco significativo.
La colonna sonora vinse l'Oscar, così come la canzone composta da Marvin Hamlish. Curiosità: il compositore aveva inizialmente composto ed usato una melodia diversa per la scena finale, quella davanti al Plaza di New York, ma avendo notato che il pubblico non si commuoveva, pagò di propria tasca l'orchestra e registrò di nuovo la melodia di "The Way We Were" che usò quindi per la sedicesima volta, ottenendo l'effetto sperato.
Bisognerebbe aggiungere le scene tagliate e forse sforbiciare la parte centrale, per renderla meno pesante.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta