Regia di John Landis vedi scheda film
Eh no: il mito è finito. Landis e Aykroyd moltiplicano i numeri musicali e perfino la famiglia Blues (i fratelli da due diventano quattro) per riempire i numerosi buchi della sceneggiatura, ma l’espediente non funziona. Soprattutto, non funziona il bambino, che è antipatico e non si capisce come sappia le canzoni della band. Né, purtroppo, è stato possibile sostituire John Belushi: non avrebbe potuto farlo suo fratello Jim né può sopperire il pur bravo John Goodman, che aveva già dato prova di ottime doti da cantante in True Stories (1986) di David Byrne. Perfino gli inseguimenti con annessi autoscontri catastrofici sembrano, stavolta, forzati e privi di vera necessità narrativa. E nemmeno i mafiosi russi e i nazionalisti della Louisiana valgono i nazisti da operetta dell’originale. Ma è proprio il film stesso a non avere alcuna urgenza o ragione di esistere, che non si richiami all’immondo biglietto verde. Il cinema tritatutto dei nostri anni continua a non rispettare nessun mito.
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