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Dirty Love

Regia di Joe D'Amato vedi scheda film

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La recensione su Dirty Love

di giurista81
4 stelle

 

Erotico sulla scia di Fame (1980), Flashdance (1983) e Dirty Dancing (1987) col quale Joe D'Amato lancia da protagonista nel cinema la pisana Valentine Demy, che poi avrà longeva carriera nell'hardcore. Pur costruito su una sceneggiatura mal sviluppata, rispetto ad altri erotici di D'Amato, Dirty Love “beneficia” di un soggetto sopra la media delle produzioni erotiche o softcore della Filmirage. Il giovane Daniele Stroppa, l'anno prima tra gli sceneggiatori del thriller Le Foto di Gioia (1987) di Lamberto Bava nonché dell'horror Killing Birds (1987), in seguito tra gli autori dei soggetti horror La Casa del Sortilegio (1989) e La Casa nel Tempo (1989) di Umberto Lenzi, predispone un soggetto passabile che guarda molto alle produzioni americane. D'Amato gira low cost negli States, a Richmond (Virginia), badando al sodo. Tralascia infatti lo sviluppo dello script che resta abbozzato. Inoltre non perde il vizio di inserire lunghe sequenze, peraltro montate più volte in più parti del film, che hanno l'effetto di rallentare il ritmo. La trama viene così subordinata al vedere dei corpi e delle parti intime, inquadrate nel dettaglio. Curiosamente queste sequenze non riguardano rapporti amorosi (qua in scala minore rispetto altrove), ma propongono la Demy (inquadrata sempre in modo malizioso, se non proprio svestita) in pose ginniche (addominali, stretching, piegamenti sulle braccia) o nell'atto di ballare (un po' impacciata) in mezzo alle colleghe di una scuola di danza da cui dovranno esser scelti due allievi per il futuro mondo dello spettacolo. Il personaggio della Demy è maggiormente delineato rispetto a quello di altre “eroine” anni ottanta ammirate nelle produzioni del regista. Pur amante delle provocazioni (da segnalare la scena nell'ascensore che non arriva mai a destinazione o il bizzarro toccarsi al ristorante dopo essersi svestita nelle parti inferiori), ha una sua etica e, addirittura, aiuta una collega caduta nel mondo della droga a uscire dal giro.

Il più evidente difetto del film è legato alle sequenze di raccordo spesso unite senza debito collegamento. Si passa, in altri termini, da una scena all'altra in modo estremamente brutale, talvolta intervallando il tutto con scene montate più volte in più parti del film. L'impressione è che con un pizzico di cura in più si sarebbe potuto migliorare di tanto il risultato finale. D'Amato è bravo nei movimenti di macchina. Bella una delle sequenze del balletto, con macchina da presa che si muove tra le gambe delle ballerine a mo' di serpente, con il montaggio che alterna i movimenti di macchina ai primissimi piani dell'istruttrice (una virago accigliata curiosamente, per il ruolo, sovrappeso). Le musiche di Luigi Ceccarelli (accreditato Pahamian) non fanno impazzire e sono in linea al sound del periodo.

La descrizione del mondo del ballo è un po' stereotipata, ma c'è da apprezzare il tentativo (a tratti riuscito) di costruire una storia. Non mancano le volgarità e l'animalità maschile comune a quasi tutti i personaggi (subito pronti ad allungare le mani) trovati sul percorso dalla ballerina. È bene comunque evidenziare come il film sia assai meno spinto di altri del regista. Non sono comunque in condizione di dire se l'edizione da me visionata (vietata ai minori di anni 14) fosse censurata o meno. La Demy, tutto sommato, si destreggia a sufficienza, pur se non troppo espressiva e già più in palla nelle scene piccanti. Piuttosto sbarazzina e sobria, si esibisce in continui balletti ed esercizi ginnici, oltre che a mettere in bella vista l'atletico fisico. Di certo, non le sono superiori gli altri del cast artistico (quasi tutti all'unica esperienza), tra cui si riconosce in un veloce cammeo Laura Gemser (ruolo riempitivo e del tutto inutile ai fini della storia), Chuck Peyton (altro personaggio che proseguirà nell'hardcore e che qua ha un ruolo marginale) e, nei panni del fidanzato della Demy, lo sfortunato Cully Holland che morirà tre anni dopo alla giovane età di 33 anni.

Tremenda la sequenza, quasi da mondo movie, del locale con gli uomini spogliarellisti che si esibiscono in un locale per donne e poi si scoprono essere gay. Circa sei minuti di balletti da locale a luci rosse del tutto avulse al resto della storia. La parte finale del film ricorda molto certi racconti di Ed Wood (si veda l'antologia Splatter), tra ricatti a politici, fidanzati di convenienza che sfruttano la bellezza delle fidanzate, richieste esplicite e tentativi di favoritismo di un mondo sospeso tra sogno e disperazione. Alla fine però “il talento” emergerà e la carriera futura sarà assicurata, sebbene la vera passione resti quella dei primi passi mossi in strada o nei corridoi di un condominio.

Stroncatissimo dalla critica è, a mio modo di vedere, tra le produzioni erotiche per il cinema convenzionale meno disprezzabili di D'Amato che ha realizzato il suo meglio a cavallo tra gli anni settanta e i primissimi ottanta.

 

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