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Tre piani

Regia di Nanni Moretti vedi scheda film

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La recensione su Tre piani

di Antisistema
6 stelle

Alcune volte è meglio fermarsi prima, grazie ad un possibile colpo di genio che poteva contribuire a mantenere in piedi un palazzo traballante, piuttosto che proseguire contribuendo al crollo dell'edificio come fa Moretti, decidendo di andare purtroppo oltre la registrazione della segreteria telefonica; conclusione in sospeso ma estremamente poetica, quanto perfettamente in linea con lo stile del regista, dove con Tre Piani (2021), decide per la prima volta di prestarsi ad un adattamento di un soggetto non originale, trovando spunto dal libro dell'israeliano Eshkol Nievo, trasportando l'ambientazione a Roma, cosa non felice perchè l'opera è profondamente radicata nella realtà del suo paese, dove i condomini residenti nel palazzo di tre piani vivono in una condizione radicalmente isolata dal mondo, posto in costante assedio esterno (una metafora dei palestinesi) tramite una costruzione psicanalitica nei classici tre topoi dell'Es, Io e Super-Io, quasi del tutto tralasciata da un Nanni Moretti, che traspone su pellicola solo la superficie narrativa, tralasciando il substrato freudiano, il risultato non può che tradursi in una banalizzazione del risultato per scelte narrative infelici, per via di una scrittura mai così debole sin dai tempi dell'interlocutorio Aprile (1997). 
La morte per tamponamento d'auto di una donna incita da parte dell'ubriaco Andrea, figlio di una coppia di giudici, dà il via ad una serie di nefasti eventi a catena per gli abitanti del palazzo di tre piani dove risiedono varie personalità borghesi, alle prese con drammi interiori, radicati fin nell'incomunicabilità tra esseri umani, chiusi in sè stessi nelle proprie torri d'avorio di potere, nei tarli di un possibile avvenimento increscioso e di traumi del passato nascosti nel profondo del proprio subconscio, però questa volta Moretti zoppica soprattutto nel tono della messa in scena, abbastanza lontano dal suo modo di fare cinema e così vicino a certo cinemino d'analisi borghese tipico di tanti film pseudo-autoriali nostrani, fallace nelle implicazioni psicologiche dei propri personaggi ed estremamente "vecchio" nel modo di pensare quanto nello sguardo nei confronti dell'attualità, della quale non gli sfiora per nulla il pensiero di focalizzarsi su essa, fermandosi ancora agli scontri tra estrema destra e migranti, che di questi tempi pandemici, sono roba lontanissima nelle preoccupazioni delle persone rispetto alla martellante propaganda salviniana, tra l'altro con un tono totalmente sbagliato, optando per una messa in scena tipica delle rivolte degli anni 70', in sostanza il Moretti che anticipava le cose, adesso non solo non insegue, ma sembra fermo ad anni addietro. 

 

Nanni Moretti, Denise Tantucci, Margherita Buy, Karen di Porto

Tre piani (2021): Nanni Moretti, Denise Tantucci, Margherita Buy, Karen di Porto


Il libro non era facile da adattare, la realtà italiana è tutt'altra cosa rispetto a quella israeliana, ma Moretti ci mette del suo nel peggiorare le cose con la sua ridicola interpretazione del giudice Vittorio, padre padrone impositore di concetti divieto/permesso, sostrato psichico a cui poco sembra interessato il cineasta, scadendo così in semplificazioni univoche, poco adatte alla sua recitazione mediocre, scadendo nel ridicolo nel confronto-scontro con il figlio Andrea, con sedie lanciate contro e calci sferrati in modo furente, dove solo la bontà della madre Dora (Margherita Buy) tenta di mediare tra due posizioni inconciliabili tra loro. Il montaggio non aiuta, le tre storie riguardanti una la coppia di giudici, la seconda di Lucio (Riccardo Scamarcio) alle prese di un tarlo di una presunta violenza avvenuta ai danni di sue figlia Francesca da parte dell'anziano vicino Renato e la terza ed ultima riguardante Monica (Alba Rohrwacher), una giovane madre di due figli, alle prese con un marito quasi sempre lontano per lavoro e la paura di possibili problemi psichici come accaduto alla propria madre. L'amalgama tra i racconti non è riuscito, i toni sono troppo esasperati talvolta, le situazioni talvolta buttate lì (il rapporto sessuale tra Lucio e la giovane Charlotte, nipote dei due anziani) così come gli incroci di raccordo risultano troppo meccanici, farraginosi e poco fluidi, disperdendo il potenziale umano delle storie, che talvolta in taluni segmenti mostrano la miglior forza del cinema morettiano, su tutti il blackout nel palazzo, chiara metafora del subconscio dal quale Monica porta in superficie il vissuto interiore rimosso nel profondo della psiche; ma sono attimi che divampano in fiammate subito auto-estintasi, per colpa di una scrittura superficiale e sprecona del potenziale umano derivante da tali situazione, rifugiando da soluzioni interessanti per concludere la vicenda con un finale morettiano (quando sarebbe stato efficace una chiusura al momento della registrazione della segreteria da parte di Vittorio?) che avrebbe lasciato delle praterie possibiliste ai personaggi, quando invece annulla tutto con uno sciagurato e diluito terzo atto, con una conclusione troppo consolatoria, optando per facili risoluzioni semplicistiche deludenti di apertura esterna al mondo, grazie soprattutto alle giovani generazioni, ma con conclusioni deboli per lo più (su tutte il rapporto Dora-Andrea e soprattutto il dubbio terrorizzante di Lucio, messo da parte dopo il primo time-skip e ripreso solo nella sua domanda alla figlia nel finale, con una risposta già nota allo spettatore). Moretti ha sempre compensato i valori tecnici con una scrittura di molto sopra la media, cosa qui  per lo più assente, la critica italiana ed americana lo hanno massacrato malamente, anche i francesi gli hanno voltato le spalle stavolta in modo forse troppo cattivo ed astioso, ma siamo lontani dalla gestione del dolore msotrata nella Stanza del Figlio (2001), chissà se il pubblico invece sarà generoso ai botteghini oppure no. 

 

Elena Lietti, Riccardo Scamarcio

Tre piani (2021): Elena Lietti, Riccardo Scamarcio

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