Regia di Nanni Moretti vedi scheda film
FESTIVAL DI CANNES 74 - CONCORSO In una palazzina borghese romana, un incidente notturno con un'auto guidata da un giovane ubriaco che sbanda e sfonda la vetrata dell'appartamento al piano terra, mentre una donna sola in procinto di partorire cerca un taxi che la trasporti in ospedale, costituisce l'incipit da cui si diramano almeno un poker di vicende familiari dolorose, che spaziano dalla solitudine, alla delusione, al rancore, all'infedeltà coniugale, al desiderio di riscattarsi da colpe incancellabili o da gioghi affettivi a cui si è restati vincolati per troppo tempo.
Per la prima volta nella sua quarantennale carriera di grande autore di cinema, Nanni Moretti rinuncia a trasporre un suo script originale e, coadiuvato dai fedeli collaboratori Vania Santella e Federica Pontremoli, si impegna ad adattare un'opera altrui: nello specifico l'omonimo romanzo dello scrittore israeliano Eshkol Nevo.
Ne scaturisce, spiace ammetterlo, la prima cocente delusione verso un'opera di Moretti, che stavolta, affascinato dalle molteplici tematiche offerte da quell'incastro sin troppo ammassato di drammi esistenziali e materiali, si dimentica di attualizzarne i dettagli ad un contesto che poco ha a che fare, pur nella medesima contemporaneità del caso, con la società italiana e romana di oggi. Ne deriva un groviglio goffamente assemblato di vicende statiche, poco plausibili, completamente estranee al contesto in cui si è preteso ambientarle, animato da comportamenti e situazioni che forse potrebbero risultare plausibili in un ambito sociale mediorientale originario, ma che contribuiscono, nel preteso e decisamente forzato adattamento romano-borghese troppo superficialmente e sbadatamente trasferito, a trasformare i singoli personaggi e le relative vicende che ne derivano, in burattini alle prese con situazioni troppo viziate da un contesto a loro completamente estraneo, forzato, innaturale.
Moretti utilizza un cast di evidente rilievo, ma anche gli interpreti più affidabili e noti risultano come pietrificati dai personaggi statici e schematici a cui essi sono inevitabilmente legati. Recitazioni spesso imbarazzanti, volti catatonici, pietrificati, a partire dal personaggio del giudice e padre interpretato dallo stesso Moretti. Si salvano solo Margherita Buy, che riesce a dar vita all'unico personaggio di spessore che risulti convincente (forse anche a tratti malinconicamente commovente), ed un ritrovato Stefano Dionisi, impegnato in un ruolo di contorno, ma davvero bravo.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta