Regia di Nanni Moretti vedi scheda film
Tre piani di una palazzina romana, in un quartiere residenziale benestante: al primo abitano i genitori di una bambina di sette anni che spesso viene badata dagli anziani dirimpettai; al secondo una ragazza madre il cui marito è spesso in viaggio per lavoro; al terzo una coppia di giudici con un figlio ventenne che, ubriaco al volante, ha appena ucciso una donna.
Tre piani spaziali e temporali: la narrazione di questa pellicola – la prima a soggetto diretta da Nanni Moretti dal 2015, ovvero da Mia madre – è frammentata in tre segmenti distanziati ciascuno di cinque anni dal precedente; i tre piani intesi come luogo sono invece quelli di una palazzina romana abitata da famiglie a dir poco problematiche. C'è Riccardo Scamarcio che è convinto che l'anziano dirimpettaio gli abbia stuprato la bambina, e per ripicca fa sesso con la nipote adolescente minorenne dell'uomo; c'è Alba Rohrwacher che soffre delle tare mentali ereditate dalla madre, ha potenti allucinazioni deliranti ed è perennemente sola con un neonato (suo figlio, certo), mentre il marito Adriano Giannini gira il mondo per lavoro; ci sono infine Margherita Buy e Nanni Moretti che litigano continuamente per colpa del figlio, che non sa fare altro che cacciarsi nei guai. Quando il ragazzo, ubriaco al voltante, uccide una donna e, messo agli arresti domiciliari, se ne va in giro a fare risse – manco a dirlo sbronzo, a Moretti cominciano a girare pesantemente le balle, mentre la Buy rimane fermamente permissivista e condiscendente nei confronti del caro ragazzo. Tra stupri, processi, morti, calunnie e altre graziose faccende, tutto finirà incomprensibilmente a tarallucci e vino: non sembra un film di Nanni Moretti, Tre piani, e probabilmente il fatto che è tratto da un romanzo (omonimo) di Eshkol Nevo, evidentemente rimaneggiato dallo stesso regista insieme a Valia Santella e a Federica Pontremoli, non è un caso. È difficile parteggiare per qualcuno in una pellicola in cui tutti i personaggi sono antipatici, e non solo per i difetti imposti dal copione: i limiti di recitazione sono fin troppo scoperti e solo Giannini, Rohrwacher e Buy lasciano un buon ricordo di sé sullo schermo; inutile accanirsi su Moretti, perfetto nel suo stile recitativo in levare nelle parti leggere o surreali, ma totalmente fuori parte in un ruolo drammatico come questo. La morale dovrebbe riguardare il perdono e la comprensione, ma a fronte di un'opera così sgangherata anche dal punto di vista logico (soprattutto nell'episodio che ha per protagonista Scamarcio, in cui non ha sostanzialmente mai senso nulla) è complicato prendere sul serio qualsiasi cosa. 4/10.
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