Regia di Nanni Moretti vedi scheda film
Tre piani ovvero Fantasmi a Roma, in carne e ossa. L’ultima fatica (letteralmente) di Nanni Moretti è una rappresentazione di fantasmi che si aggirano in una grande metropoli, in un quartiere borghese, in un condominio metafora di una società ormai votata alla cattiveria e all’indifferenza. Tre famiglie che devono fare i conti con solitudine, pregiudizi, sospetti e anaffettività. Nell’arco di 10 anni vediamo sfilare le loro vite ingessate, chiuse e con pochi exploit. Solo i neonati e i bambini crescono e cambiano fisionomia (la speranza), mentre gli adulti restano imbalsamati nel loro immutabile non divenire (un presente permanente). Monica e il corvo portatore di amnesie familiari e di conflitti irrisolti (il cognato Roberto, unico vero fantasma che appare e scompare); Moretti attore sempre più somigliante al padre (non attore) Luigi: un giudice inflessibile, drammatico che subisce il te lo meriti dal figlio Andrea, fragile e represso da una educazione rigida. Vittorio/Nanni ha un sussulto Morettiano, un colpo di coda con la nostalgica segreteria telefonica. E’ davvero cambiato tutto, ed ecco che esce di scena e lascia spazio alla sempre bravissima Margherita Buy nei panni di una vedova che supera il trauma solo ritrovando l’amato perduto figlio. Lucio e la remissiva moglie Sara sorridono solo alla partenza della cresciuta e matura Francesca ed il momento più toccante è l’abbraccio sincero tra padre e figlia, in ricordo di un episodio chiave della storia e forse di tutto il film.
Gli unici squarci sulla contemporaneità sono l’assalto al centro di accoglienza migranti (la violenza di pensiero e di social che si tramuta in azione) e la carovana danzante (altro Morettismo) che i fantasmi abitanti il condominio Italia o meglio Roma, Occidente (alla Corso Salani) guardano stupiti, è un sogno o è la realtà? Nonostante il finale forzatamente votato alla positività e alla chiusura circolare delle storie, “Tre piani” lascia l’amaro in bocca. Il minimalismo tanto deriso negli anni che furono dall’autore Moretti è la trappola in agguato: per la messinscena piatta che fa scaturire quel brutto aggettivo di televisivo, probabilmente ingiusto. Non per la recitazione dei suoi attori, spesso monocorde o dimessa. A mio modo di vedere una naturale conseguenza di ciò che si vuole rappresentare. Lo sguardo invecchiato di Nanni Moretti è il suo sguardo malinconico su una realtà occidentale tristemente invecchiata.
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