Regia di Benny Safdie, Josh Safdie vedi scheda film
Grazie, pare, al provvidenziale intervento di Scorsese, ecco ritornare i fratelli Safdie con un film dal budget finalmente più sostanzioso, eccoli tornare con un’altra storia di crescente squilibrio e montante follia, un’altra impietosa radiografia non solo o non tanto della società americana, che costituisce più che altro lo sfondo sul quale si innesta la vicenda, quanto piuttosto di un’intera umanità cieca perché accecata dai multiformi riflessi d’una pietra preziosa antichissima e ipnotica, per la quale dimostriamo di essere pronti a fare qualunque cosa unicamente in virtù di un valore superiore che siamo noi stessi a conferirle, fuori di metafora accecati dal miraggio di una ricchezza da noi stessi, che dunque ci fabbrichiamo e rinsaldiamo le nostre stesse catene, elevata sopra ogni cosa, preda come troppo spesso siamo di un’avidità che non conosce limiti (con in aggiunta, magari, la futile ricerca del rischio, del brivido di un secondo, di un attimo, di un istante anche al costo di mettere a rischio la propria stessa incolumità, come nel caso del protagonista pure dipendente dal gioco e dunque in sostanza dipendente da quel brivido e dalla remota possibilità di un’enorme ricchezza ottenuta più che con pochi affanni con pochi, anzi inesistenti, meriti).
Insomma, i due fratelli registi tornano con un’altra storia di pura follia, di umana, umanissima debolezza e di perenne irrequietezza, che se là (in Good Time) era della classe più povera e ancora “schiava” di bisogni primari non sempre soddisfatti, sempre in affanno per sopravvivere in un modo freddo e spietato; qui è della classe più agiata, all’esatto contrario abituata ad essere circondata dal lusso, per la quale dette preoccupazioni sono ormai lontane nella memoria, e difatti spinta più che altro da avidità che non da particolari differenti necessità (e non è escluso, anzi, che qualora un membro della classe più disagiata riesca a fare il “salto di qualità” non diventi preda degli stessi identici meccanismi di quei ricchi che però a prima vista pare osteggiare, ma dei quali in linea di massima condivide in verità un visione del mondo, nella prospettiva [sarebbe meglio dire il miraggio] di poter diventare come loro).
Un’umanità, quindi, cinica e senza scrupoli, ossessionata dal denaro e dall’apparenza, imbrigliata da quei meccanismi di cui sopra che essa stessa però contribuisce a difendere e perpetuare. Tutto questo, in misura più o meno evidente, costituisce il quadro entro cui si svolge la vicenda, rappresenta l’humus di base dal quale prende le mosse, la componente che si potrebbe definire “teorica”, critica, dell’operazione, che per il resto risulta essere soprattutto un tour de force da togliere il respiro che non concede praticamente mai attimi di sollievo perché non conosce praticamente mai cali di ritmo (salvo nei primi minuti dopo “l’arrivo newyorchese”, mentre scorrono i titoli di testa, dove la cacofonia di voci e l’invasiva colonna sonora risultano veramente fastidiose).
Diamanti grezzi è film ansiogeno ed asfissiante, una discesa sempre più parossistica negli abissi di ossessione e follia dell’uomo sino alla cesura finale che arriva fulminea ed in parte inaspettata, che in qualche modo riesce a “spezzare il ritmo” prima serratissimo e a riportare alla realtà lo spettatore fino a quel momento totalmente preso dalle vicende di quest’uomo in definitiva piccolo, squallido ed egoista dellecui traversie incredibilmente però i registi riescono a farci partecipare sino all’immedesimazione, quasi come se ci trovassimo lì con lui (anzi, come se fossimo lui), lì a camminare senza sosta per le vie del Diamond District, costantemente pedinati da improbabili individui meschini, esaltati o pronti alla riscossione e con il telefono perennemente premuto sulla testa a sbraitare per cercare di tenere insieme i pezzi di una vita che si sta rapidamente disfacendo dinnanzi ai nostri occhi.
Il film Safdie, lo si sarà capito, è abilmente congegnato, un vero meccanismo ad orologeria; è un’opera che, a suo modo, riesce a dire molto più di quanto si sarebbe portati a pensare a primo acchito ma che, ripetiamo, funziona specialmente ad un livello puramente cinematografico, con la camera a mano che tampina senza tregua il protagonista nelle sue estenuanti peregrinazioni, contribuendo in modo determinante alla stupefacente capacità già descritta di precipitare a capofitto lo spettatore nel turbine inarrestabile degli eventi.
Iperdialogato (con tanto di profluvio di fuck e varie coniugazioni…) e ipercinetico, veramente frenetico sin quasi allo sfinimento, il film dei due fratelli registi ci restituisce, insomma, un rapido spaccato di una società in avanzato disfacimento, in generale di un intero mondo in avanzato decadimento sempre più oppresso da disuguaglianze incolmabili.
Ovviamente, nulla di originale ma raccontato in maniera impeccabile, grazie alla regia dei Safdie, alla sceneggiatura da loro scritta con il sodale Bronstein, alla fotografia di Khondji e in modo particolare alle eccellenti prove degli attori, specie del “mattatore assoluto” Sandler che, una volta in più (non che ce ne fosse bisogno), dimostra le sue qualità se posto di fronte alla giusta mano dietro la macchina da presa e alla giusta sceneggiatrua (ma una vera rivelazione è comunque anche la bella Julia Fox, qui esordiente assoluta).
Diamanti grezzi è in sintesi tutt’altro che un vacuo sfoggio di bravura, è un cinema tanto riuscito a livello tecnico quanto capace di significato, in definitiva un’opera che promette bene per il futuro del duo di autori, soprattutto qualora riescano a portare ad un evoluzione successiva il loro cinema dopo questi due film (Good Time e il qui presente) in qualche modo “speculari”, emblematici, come si legge sul Rotten Tomatoes, del loro modo di fare cinema assolutamente ansiogeno e ammaliante. Dunque una nuova, inaspettata ma più che benvenuta, eccellente proposta recente di Netflix (a breve distanza dallo spietatissimo Quien a hierro mata [Occhio per occhio]).
"Well I'll tell you what I know, it's the dumbest fuckin' bet I ever heard of"
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