Regia di Leos Carax vedi scheda film
A distanza di una decina di anni da "Holy motors", che buona parte della critica anche su Film tv ha considerato fra i capolavori seminali del ventunesimo secolo, lo schivo Leos Carax torna alla regia con un musical molto personale, girato in inglese su sceneggiatura dei fratelli Ron e Russell Mael, componenti della band pop rock The Sparks brothers, a cui il regista inglese Edgar Wright ha dedicato un documentario. Il film é quasi completamente cantato ma non ballato, non mancano alcune scene di dialoghi ma veramente poca roba rispetto alle parti musicali che sono assolutamente preponderanti; non conoscevo la band degli Sparks in precedenza ma le loro musiche nel film le ho trovate spesso accattivanti, non soltanto orecchiabili e generalmente funzionali al tipo di pellicola di cui possono ritenersi quasi co-autori con Carax. Il film, premiato a Cannes per la migliore regia dalla discussa giuria presieduta da Spike Lee, é un'opera che porta intatta l'originalità visiva dello stile di Carax, il suo senso barocco della dismisura, il suo gusto per lo sberleffo surreale e la cognizione del postmoderno che in "Holy motors" trovavano una sintesi da molti definita geniale; allo stesso tempo però si ha l'impressione di un'opera fin troppo ambiziosa, troppo lunga e soprattutto troppo artificiosa, in cui non c'è praticamente mai spazio per l'emozione nonostante che la trama tocchi argomenti piuttosto drammatici e delicati. E poi, in ultima analisi, la presunta trama a un certo punto scompare per lasciare spazio unicamente all'opulenza figurativa e alle musiche straripanti degli Sparks, con risultati dunque piuttosto discontinui, altalenanti anche per un'opera irrealistica come questa, che si pone al di fuori del rinnovamento del musical alla "La la land" o "Moulin rouge", inseguendo soprattutto le personali ossessioni del regista. In termini di recitazione è soprattutto Adam Driver a dare un contributo autentico e personale, in particolare nelle scene in cui fa lo stand-up comedian davanti ad un pubblico ostile, mentre la Cotillard non è al massimo perché piuttosto sacrificata in un ruolo che non le consente di mettere a frutto il suo talento più genuino, e Simon Helberg conferma le sue qualità di caratterista già intraviste altrove. La scena finale è decisamente arrischiata, certamente non banale eppure il partito preso di non dare emozioni al pubblico non la rende memorabile come avrebbe potuto essere. Vederlo in sala é stato già un miracolo visti i tempi; in America ha avuto una "limited release" prima di andare in streaming ed è un film che almeno gli ammiratori sfegatati del Carax folle e romantico dei primi tempi dovrebbero comunque cercare di vedere.
Voto 7/10
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