Regia di Robert Eggers vedi scheda film
Opera volutamente spiazzante, disorientante, "The lighthouse" potrebbe essere definito un horror psicologico che rispolvera fonti disparate, dal Bergman di Persona al Lynch di Eraserhead al Polanski di Le locataire, ma in questa voluta confusione/contaminazione stilistica il regista Robert Eggers dimostra se non altro di avere l'occhio giusto nella costruzione di quadri animati di possente fascino figurativo, un ritorno alla dimensione prettamente visiva delle nostre paure ancestrali, una valorizzazione paesaggistica dell'isola del New England dove si affrontano un guardiano del faro ubriacone e con molti scheletri nell'armadio e il suo aiutante che non reggera' all'isolamento e allo sfibrante conflitto col suo superiore, con cui si instaura una dialettica servo/padrone degna di Losey e Pinter. Film carico di angoscia, di elementi dissonanti che tuttavia rientrano in un preciso disegno registico, di fughe nel surreale e nei misteri reconditi della mente umana, "The lighthouse" funziona molto bene soprattutto dove si affida alla suggestione visiva e onirica, mentre a mio parere tende ad affidarsi un po' troppo, soprattutto nella seconda parte, a duelli verbali caratterizzati da un linguaggio estremamente letterario, fin troppo forbito per due personaggi che si vorrebbe di umile condizione, con un Dafoe che cita generosamente la mitologia greca e aneddoti marinareschi che rimandano a Melville (espressamente nominato col capitano Achab) e a Coleridge con la sua "Rhyme of the Ancient mariner". Dunque una pellicola certamente rischiosa e non accomodante, a partire dalla scelta del formato dell'immagine tipica del cinema muto in 1,19:1 con la forma "quadrata" dell'inquadratura, fino al bianco e nero di matrice espressionista scelto da Jarin Blaschke che guarda soprattutto al Nosferatu di Murnau, che a quanto pare Eggers vorrebbe aggiornare in un remake che non è ancora riuscito a realizzare. I due attori, dal canto loro, occupano costantemente la scena e si producono in performance impegnative, aderiscono con scrupolo a personaggi dilaniati da pulsioni contraddittorie: a mio parere Defoe rende quasi sempre alla perfezione la natura ossessiva e dittatoriale del suo Thomas, con qualche sconfinamento non si sa quanto voluto o meno nel Grand Guignol e nell'effettismo sopra le righe, mentre Pattinson risulta sorprendentemente efficace in un registro più dimesso che non può non sfociare nella follia e nella ribellione più violenta. In definitiva alcuni aspetti del film non mi hanno convinto fino in fondo, ma mi sentirei di premiarlo per una resa figurativa di forte intensità e per una regia meno convenzionale del solito nel trattamento di una materia narrativa fin troppo abusata.
Voto 8/10
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