Regia di Jessica Hausner vedi scheda film
Tra horror e fantasy. Buon lavoro della regista Hausner
Alice, alias Emily Beecham, giovane madre separata, è una scienziata che lavora come botanica per la società Planthouse, un’azienda che si occupa dello sviluppo di nuove specie di piante. Qui arriva a progettare, tramite processi di modificazione genetica ,un tipo di fiore singolare, dall’intenso colore rosso vermiglio, dall’odore accattivante, con un alto valore terapeutico, se trattato con cura, nutrita correttamente e coccolata con parole rassicuranti; la pianta sprigiona ossitocina, che è l’ormone liberato in circolo nella donna durante la fase del travaglio e anche dopo il parto; è una sostanza che favorisce il benessere, riducendo lo stress, e migliorando la predisposizione a comportamenti sociali, sessuali ed emotivi, più positivi. Dunque, questo fiore “magico” dovrebbe procurare felicità a chi lo “adotta”. Alice decide di regalarne uno a Joe, suo figlio adolescente, battezzandolo “Little Joe”; tuttavia la pianta non solo delude le aspettative, ma dimostra un potenziale distruttivo, chi entra in contatto con il suo polline inizia a comportarsi in modo strano, diventando piattamente anaffettivo e scivolando lentamente in una stramba forma di atarassia; Alice, peraltro già di suo , non sembra capace di provare sentimenti forti: rifiuta le avances del collega Chris, è separata dall’ex marito Ivan e ha slanci conflittuali anche nei confronti del figlioletto. Una sua vecchia collega, poco credibile a causa di precedenti squilibri psichici, prova a metterla in guardia dai pericoli del fiore; Alice prende coscienza dell’allucinante spersonalizzazione cui vanno incontro tutti quelli che malauguratamente avvicinano il fiore, come il figlio e la sua fidanzata, ma le sue rimostranze cadono nel vuoto e vengono subitaneamente silenziate dai manager della sua ditta, peraltro probabilmente già “infetti”. Appropriato il tamburo ossessivo del compositore Teiji Ito; efficaci anche gli accostamenti cromatici, con il colore rosso del fiore che contrasta con le tinte pastello degli abiti della protagonista e degli ambienti in cui i personaggi si muovono;la tensione c'è e si sente. Il lavoro della regista Hausner seppure non perfetto, è pieno di interessanti rimandi tematici, il più palese è “L’invasione degli ultracorpi”. Dalla pellicola di Don Siegel riprende l’idea di un’entità, che pian piano si insinua dentro la persona, lasciandone un duplicato identico fuori, ma occupato da “altro”, dentro. Poi, “Little Joe”, come nell’episodio di Star Trek “Al di qua del paradiso”, mostra come l'azzeramewnto delle emozioni nell’individuo, produca una serenità artificiale, che spegne qualsiasi vivacità intellettiva, condannando a un comportamento passivo e omologato. Hausner adopera un linguaggio cinematografico asciutto e freddo, i frame fanno venire in mente le immagini delle telecamere di sorveglianza, l’atmosfera è da moderna fiaba horror; il cast ben assortito funziona. Al netto di qualche ingenuità narrativa, come il ridicolo brusio che si leva dalle piante, il film è sostanzialmente valido
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