Trama
Una soave voce femminile racconta storie di diverse umanità. Attraverso una serie di momenti apparentemente banali, si riflette sullo splendore della vita, sulla sua grandezza, sulla sua crudeltà e sulla sua banalità. Situazioni insignificanti assumono così la stessa importanza di significativi eventi storici: una coppia fluttua sulla città di Colonia devastata dalla guerra; sulla strada per una festa di compleanno, un padre si ferma a legare i lacci delle scarpe della figlia sotto la pioggia battente; ragazze adolescenti ballano fuori da un bar; un esercito sconfitto marcia verso un campo di prigionia.
Approfondimento
SULLA INFINITEZZA: L'INESAURIBILE ESISTENZA UMANA E I SUOI RACCONTI
Diretto e sceneggiato da Roy Andersson, Sulla infinitezza è una riflessione sulla vita umana in tutta la sua bellezza e crudeltà, splendore e banalità. Si vaga in maniera onirica sotto la voce di una narratrice che, come Scheherazade in Le Mille e una Notte, fa sì che momenti insignificanti assumano la stessa importanza di significativi eventi storici: una coppia fluttua sul cielo della città di Colonia, devastata dalla guerra; sulla strada per una festa di compleanno, un padre si sofferma ad allacciare le scarpe alla figlia sotto il battere della pioggia; ragazze adolescenti ballano fuori da un bar; un esercito sconfitto marcia verso un campo di prigionia. Ode e lamento allo stesso tempo, Sulla infinitezza presenta un caleidoscopio di tutto ciò che è eternamente umano, una storia infinita sulla vulnerabilità dell'esistenza.
Con la direzione della fotografia di Gergely Pálos, Sulla infinitezza (con il suo astrattismo) è stato così presentato dal regista in occasione della partecipazione in concorso al Festival di Venezia 2019: "Da 18 anni lavoravo nel cinema e, occupandomi semplicemente di estetica realista/naturalista, mi sentivo come bloccato, con pochissime opportunità di innovazione e sviluppo. L'anno era il 1985 ed ero pronto ad abbandonare il cinema come mezzo di espressione. Il neorealista Ladri di biciclette di Vittorio de Sica era un capolavoro insuperabile e, secondo me, aveva tutto ciò che deve avere il migliore dei film. Certo, esistevano altri titoli che mi appassionavano e interessavano molto, come le opere successive di Luis Buñuel e Federico Fellini, ma il loro linguaggio altamente astratto era qualcosa per cui non ero particolarmente portato. Almeno fino a quando non ho osato cimentarmi con esso. Non voglio dire che ho rinunciato al realismo/naturalismo per sempre. Elementi di queste forme espressive sono ovviamente presenti ancora presenti nel mio lavoro ma immergermi nell'universo dell'astrazione è stato liberatorio. Con l'aiuto dell'astrazione, ho fatto dialogare i vivi con i morti in Canti dal secondo piano e mi sono immerso nella dimensione onirica di You, the Living. Ho raccontato storie su di noi e sul nostro tempo con le sequenze incredibilmente anacronistiche come quelle presenti in Un piccione seduto su un ramo riflette sull'esistenza, dove il re svedese Charles XII mentre si reca in Russia nel 1708 fa una breve sosta in un bar di una periferia contemporanea perché ha sete o al ritorno perché deve usare il bagno".
"Diverse, come accade con gli ultimi miei lavori, sono state le fonti di ispirazione", ha proseguito Andersson. "Ma una su tutte è stata la più pregnante: Le Mille e una Notte, il capolavoro per eccellenza della cultura araba. Come i tanti racconti di Scheherazade affascinavano re Shahryar, spero che anche le scene di Sulla infinitezza siano così interessanti e affascinanti da portare il pubblico a volerne vedere ancora un'altra e a pretendere che il film non finisca mai. Del resto, l'esistenza umana è inesauribile e come tale ho voluto che fosse la composizione delle varie scene. nella mitologia greca c'è un oggetti che è meglio noto come il corno dell'abbondanza o, semplicemente, cornucopia. Si tratta di un corno di capra pieno di oggetti che simbolizzano ricchezza e abbondanza. Di solito, è rappresentato come traboccante di ortaggi e frutta di ogni genere, di una generosità che, come vorrebbe il mito, non finisce mai: è dunque un'incarnazione fisica di quella che è l'infinita inesauribilità. Penso che l'arte e la storia dell'arte abbiano oggi lo stesso ruolo della cornucopia e che racchiudano al loro interno l'intero significato dell'umanità stessa. Confesso che spesso ho provato una certa invidia per la ricchezza delle belle arti. Naturalmente, ci sono film che sono quasi alla pari con i grandi capolavori delle belle arti ma, secondo me, sono pochissimi".
"Sulla infinitezza ha una voce narrante, che ridefinisce il concetto stesso di voice over cinematografico", ha precisato Andersson. "Spesso la voce narrante è un personaggio che accompagna la storia e un uso particolarmente significativo è quello che ne ha fatto Alain Resnais in Hiroshima, mon amour, in cui un monologo di Marguerite Duras finisce sia per accompagnare splendidi immagini silenziose sia per trasformarsi in dialogo con i personaggi principali. Io ho scelto la voce di una donna, una giovane donna, che lasciando trasudare esperienza di vita e vanità ricorda una sorta di fata. La voce sottolinea ciò che si vede e si rivolge direttamente a chi guarda il film, in maniera chiara e pacata. Non vuole convincere di nulla ma descrivere solo ciò che sta accadendo ma lo fa all'imperfetto. Mentre noi vediamo ciò che avviene, lei lo descrive come se ne fosse stata già testimone. Ci racconta anche qualcosa che non vediamo, fornendoci ulteriori informazioni sui personaggi e sulle ragioni di alcuni loro comportamenti, arricchendo in tal modo la nostra prospettiva sugli spaccati".
Ha poi concluso il regista: "Ci sono anche scene che sono state ispirate dall'artista franco-russo Marc Chagall. Cinque volte vediamo una coppia fluttuare su città e paesaggi devastati dalla guerra. La coppia è il simbolo dell'innocenza".
Il cast
A dirigere Sulla infinitezza è Roy Andersson, regista, sceneggiatore e montatore svedese. Nato nel 1943 a Göteborg, nel 1969 si è laureato presso lo Swedish Film Institute e il suo primo lungometraggio, A Swedish Love Story, ha vinto quattro premi al Festival del cinema di Berlino nel 1970. Giliap, il suo… Vedi tutto
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- Leone d'Argento miglior regia a Roy Andersson al Festival di Venezia 2019
Commenti (7) vedi tutti
Umile, come tutte le persone di vero talento, Andersson ci regala quest'altra perla dove sviluppa le sue tematiche (diversi riferimenti al 2° conflitto mondiale) attraverso una serie di inquadrature fisse che appaiono come dei quadri animati per un'opera d'arte che, è proprio vero, si vorrebbe non finisse mai.
commento di bombo1Non del tutto inguardabile ... ma pesantino in vari punti.voto.5.
commento di chribio1Piu' forma che sostanza di questa opera più vicina all'arte figurativa che a quella inventata dai fratelli Lumiere'.
leggi la recensione completa di starbookUn insieme di quadretti che compongono un'opera astratta e di stampo grottesco...pesantino,bisogna essere predisposti alla visione....e non era la mia serata.
commento di ezioAndersson ci regala un altro gioiellino. Se possibile ancora più cupo della trilogia precedente, aggiunge però un tocco di poesia. Lo svedese si conferma uno dei migliori registi esistenti.
commento di Ilnickchenoncerail personalissimo regista svedese, film dopo film sta rendendo il suo cinema, fascinosamente identico a sé stesso da quasi 30 anni, sempre più astratto, criptico, quasi inafferrabile; svuotandolo anche di alcune sue caratteristiche peculiari, quali il proverbiale humour nero e l'incandescente causticità. sembra quasi voglia dissolverlo.
commento di giovenostaE' la suggestione da Le Mille e una Notte a suggerire a Roy Andersson come raccontare il mondo, un racconto infinito in un film che vorremmo non finisse mai
leggi la recensione completa di yume