Regia di Jim Jarmusch vedi scheda film
Jim Jarmusch tenta di rinnovare l'abusatissimo genere zombie con l'ironia, ma delude con un'opera irrisolta e frammentaria, che nonostante il cast di prim'ordine si perde nei cliché e nell'autoreferenzialità: una fiacca variazione su un tema che ha finito per stancare.
Lo zombie movie di Jim Jarmusch me lo persi allo scorso Festival di Cannes, dov'era film di apertura: dopo averlo visto in streaming non rimpiango più di aver mancato i primi giorni sulla Croisette 2019, visto che ne sono rimasto piuttosto deluso.
Jarmusch riprende l'abusatissimo tema degli zombie e cerca ovviamente di rinnovarlo, ma, al contrario di quanto gli era ben risuscito coi vampiri nel precedente Solo gli amanti sopravvivono, qui l'obiettivo di dire qualcosa di originale ed interessante viene mancato. Jarmusch cerca soprattutto di infondere nell'horror un'ironia che si vorrebbe cool, ma risulta alla fine piatta e raramente strappa più di un sorrisetto sforzato, neppure quando rompe la finzione cinematografica con le battute autoreferenziali sulla colonna sonora, la sceneggiatura ed il comportamento poco corretto del regista “Jim”. Ci mette la metafora degli zombie come critica al consumismo decerebrato, che però non è certo una novità, già c'era in Romero, aggiungendovi un pizzico di ambientalismo: il “messaggio” politico-sociale però arriva in maniera diretta, senza la sottigliezza che ci aspetteremmo da un autore del livello di Jarmusch. Che poi perde tempo a riproporre i soliti cliché ormai visti e stravisti (kill the head, i ragazzetti ingenui, gli insabbiamenti delle autorità ecc.) ed infila sotto-trame inutili (il riformatorio minorile) all'interno di un intreccio che non riesce ad avvincere e solo sporadicamente diverte.
Tra le cose buone una bella canzone country scritta per l'occasione da Sturgill Simpson ed ovviamente un cast di prim'ordine: c'è Tilda Swinton armata di katana che recita con l'accento scozzese (ma poi un disco volante la preleva: perché?!?!?), c'è Adam Driver che è una garanzia e fa sghignazzare quando si comprime all'interno di una mini-smart (ma le battute su Star Wars siccome c'è lui ... fanno sbadigliare e basta); c'è Bill Murray il cui umorismo distaccato ed impassibile è particolarmente adatto al tono del film; e poi, per tornare alle note dolenti, ci sono tante apparizioni illustri anche brevi e fulminee, sprecate per lo carente sviluppo ed approfondimento dei troppi personaggi.
Alle fine dei conti The Dead Don't Die rimane un'opera irrisolta e frammentaria, una fiacca variazione su un tema che ha finito per stancare e che forse ormai è il caso di lasciar morire e riposare in pace, senza che riemerga dalla tomba direi almeno per qualche lustro.
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