Regia di Joel Coen vedi scheda film
Quando vidi Fargo dei Fratelli Coen ne rimasi folgorata tanto che, ogni qual volta mi trovo davanti ad una loro pellicola, mi carico di entusiasmo. Questa in oggetto era una di quelle che da tempo volevo recuparare e, dopo tempo, quando finalmente sono riuscita nell'intento mi sono accorta che il palpabile entusiasmo lentamente discendeva man mano che procedevo nella visione.
Per quanto si basi su una trama piacevolmente intricata e dalle solide basi narrative, ci sono elementi che non sono riuscita a sopportare o, in certi casi, a capire. In primis l'idea di utilizzare un narratore esterno, una sorta di grillo parlante che sembra ritenere necessario spiegare il motivo per cui Drugo si comporta nel modo in cui si comporta.
Così, ancora oggi mi chiedo come mai ci sia tuttoquesto entusiasmo intorno a tale pellicola e mi sono resa conto che la risposta può essere legata soltanto ai protagonsti, o almeno ad alcuni di essi. Prendiamo per esempio il veterano di guerra Walter Sobchak, interpretato da uno straordinario John Goodman, è praticamente impossibile non adorarlo, senza considerare poi che è l'unico in grado di strappare una risata. Drugo, lascia il tempo che trova e più che risultare simpatico, dopo un tantino, finisce anche per essere ridondante e poco sopportabile per quei suoi vizi che finiscono per trasformarsi in difetti.
Stupenda, a dir poco, Julianne Moore che interpreta al figlia del Grande Lebowski da cui il titolo, evocativo sicuramente ma non rappresentato dal giusto personaggio, David Huddleston non riesce a trasmettere il necessario carisma contenuto nella parola Grande che finisce per essere solo un discorso anagrafico (forse l'intento era proprio e solo quello?) e non la magnificenza che invece si si aspetta dai presupposti.
Tutto il resto, Steve Buscemi qui quasi muto compreso, è un giro immenso di situazioni e persone che spesso vengono prolungate fino allo stremo, rischiando di perdere in diverse occasioni l'attenzione dello spettatore, come quando drogano Drugo e lui si ritrova in un vortice tra sogno e allucinazione che lo spettatore è costretto a subire e che si allontana dal racconto senza un motivo vero e proprio.
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