Regia di Joel Coen vedi scheda film
Quando uscì Il Grande Lebowski i Coen avevano infilato un filmone dopo l'altro. Ma la grande attesa mi giocò un brutto scherzo, e i personaggi ed i dialoghi mi sembrarono scritti da due paraculi che avevano riciclato qualche striscia dei Freak Brothers (Shelton) o di Robert Crumb infilandoci dentro un po' di tutto: Vietnam, religione, droghe più o meno leggere, racket, porno, arte ecc.. E mi piacque ancora meno il compiacimento da voyeur per le disavventure di questi disadattati, che prende il posto della complicità giocosa (condita con una buona dose di humor nero) che tanto mi era piaciuta nei primi film.
Dopo qualche anno il mio giudizio si fa ancora più duro: sono stato negli Stati Uniti e ho toccato con mano quanto il cinema inneschi una reazione a catena con i comportamenti sociali. Già Chandler ironizzava su certi gangster che "parlavano come se fossero in un film di Hollywood" e il cinema di De Palma-Pacino o Scorsese-De Niro è imitato da quelli che imitava.
In America è pieno di Drughi, parassiti e autocommiseranti, che da allora hanno il loro cult-movie che giustifica e accelera il loro processo di degradazione.
Nel settimo film i Coen si riposarono dalle loro fatiche (Genesi)
altrettanto banale
anonima
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