Regia di Joel Coen vedi scheda film
Riprende, in modi più esagerati e amari, il tema del finto rapimento per riscatto di Fargo e l'amara descrizione di personaggi tutti in negativo, ma la figura del protagonista Lebowski non ha il fascino della sceriffo incinta di Fargo; già in questo finiva per infastidire o annoiare la stupidità eccessiva di chi organizza la rapina o dei due rapitori; qui il regista esagera ancora di più, ripetendo gli stessi temi, di sete di denaro da parte di tutti, ognuno con le proprie ossessioni. Tratta figurativamente bene il gioco del bowling che fa da leitmotiv figurativo; gli eccessi dei personaggi sono troppo prevedibili e facili; la vicenda ha qualche buon tocco in più, come il gruppo che, scoperta la storia del finto rapimento, vuole ottenere il vero riscatto miliardario e finisce per esigere almeno i pochi dollari di Lebowski e dei suoi amici; o il marito vecchio (il "grande" Lebowski, quello che dà il titolo al film) che dapprima sembra simile al padre ricco efficiente e inumano di Fargo, poi risulta povero e deficiente, ma sempre avido e inumano. Banale e inutile l'introduzione del personaggio presentatore; troppo inattivo e spento Lebowki per il ruolo di personaggio positivo, rispetto alla sceriffa; lei convive con un marito quasi inutile; qui invece è del tutto inutile lui, il cui grande amico e compagno di bowling è un violento reduce del Vietnam; amicizia che vorrebbe forse essere un inno alla tolleranza ma si presenta piuttosto come inerzia di Lebowski che non sa decidersi a liberarsi dell'altro. I Cohen sembrano essersi montata la testa, e la colpa è anche di certa critica.
Non contavo di rivederlo; invece l'ho rivisto assieme agli altri film dei Coen, e mi è dispiaciuto un po' meno, ma mantengo il giudizio che ne avevo dato. Molto bravo Turturro nella parte del campione di bowling Jesus Quintana; ma bravi anche tutti gli altri, come bravi sono i Coen, l'ho già detto… ma non basta a fare un buon film.
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