Regia di John Ford vedi scheda film
Vicissitudini di una famiglia patriarcale in un villaggio minerario del Galles: due figli emigrano in America, uno muore in un incidente di lavoro lasciando la moglie incinta, altri due vengono licenziati, il più piccolo (che, ormai diventato adulto, è il titolare della voce narrante) avrebbe la possibilità di studiare ma decide di seguire le orme dei fratelli; sullo sfondo, l’amore trattenuto fra l’unica figlia e il pastore. Un film ideologicamente datato, difficile da mandare giù nel suo candido antiprogressismo e nella sua acritica esaltazione del buon tempo antico: il padre è un uomo d’ordine che si oppone alle organizzazioni sindacali, esorta sempre e comunque alla rassegnazione e si schiera costantemente dalla parte del padrone (di cui diventa anzi consuocero, condannando la figlia a un matrimonio infelice) anche andando contro il proprio interesse; una specie di padron ’Ntoni gallese, insomma, che alla fine si immola al culto del lavoro. Va decisamente meglio sul piano estetico: la messa in scena è pulita, e ci sono alcune notevoli invenzioni di regia (es. la partenza dei due fratelli senza un addio inquadrata in campo lungo, mentre la banda del paese suona). Il doppiaggio è melenso, ma quello non è colpa degli attori.
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