Regia di John Ford vedi scheda film
Uno di quei "filmoni" nei quali Ford riusciva al meglio, mettendoci un po' di tutto, l'amore appagato e l'amore deluso, la famiglia e i suoi drammi, la morte e la nascita di nuova vita, l'invidia e la purezza, il coraggio e la vigliaccheria, la comicità e la tragedia. A mio parere questi elementi si combinano al meglio, in un film nel quale i difetti sono un eccesso di stereotipi e un gruppo di protagonisti tutti un po' troppo belli per essere credibili minatori gallesi e figli di quel padre e di quella madre. Per il resto, l'atteggiamento con il quale il regista ci fa guardare verso quei luoghi perduti, dove le viscere della terra sputavano scorie di carbone e cadaveri di minatori, tingendo di nero e di rosso il verde della vallata, è di struggente ma non sdolcinata nostalgia. Della riuscita del film si deve ringraziare soprattutto il direttore della fotografia, Arthur C. Miller (probabilmente memore anche del cinema espressionista nelle inquadrature del villaggio minerario), ed almeno un terzetto di ottimi attori, come Donald Crisp (premiato con l'Oscar quale miglior non protagonista), Walter Pidgeon e Sara Allgood.
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