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Vento, vento, portali via con te

Regia di Mario Bianchi vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Vento, vento, portali via con te

di moonlightrosso
2 stelle

Più che un film un'esperienza (da non fare)

Straniante, indefinibile, ti scuote, ti martella, ti sfianca e ti sfinisce come cinefilo, come esteta, come intellettuale e forse anche come uomo.

Comico nelle intenzioni e drammatico negli esiti sia artistici che commerciali, questo film, con ritmo incalzante e dinamica helzapoppiniana, ci propina un concentrato inaudito di battute che non fanno ridere, gags penose, attori che non funzionano, personaggi assurdi, incongruenze, farneticazioni, idiozie.

Un delirio allo stato puro che riunisce quale coppia "non comica" per eccellenza l'ex vigile urbano Emilio Roy e il mediocre attore atesino Gianni Elsner. Il primo, anteriormente a questa credo unica e senz'altro fallimentare esperienza cinematografica, venne fagocitato verso la fine degli anni sessanta dal rutilante mondo dello spettacolo in qualità di dimenticabile cantante (al suo attivo una manciata di 45 giri, peraltro ricercatissimi dai cultori del brutto e una partecipazione a un'edizione del "Disco per l'Estate"). Il secondo, dopo aver collezionato particine in films minori, divenne successivamente conduttore radiofonico per quella "Radio Luna" di ciccioliniana memoria, nonchè assurse a vera e propria icona della tifoseria laziale come commentatore "a caldo" delle prestazioni biancazzurre nelle emittenti ciociare.

Questi John Belushi e Dan Aykroyd "a contrariis", dai tempi comici sbagliatissimi, paradigmatici in tutto ciò che non si dovrebbe dire o fare in una performance anche semplicemente gradevole, sono due scalcinati poliziotti che non riescono a portare a termine nemmeno un incarico, collezionando unicamente sonore figuracce. Nel corso di una delle improbabili missioni a cui vengono inviati più che altro per liberarsi di loro, finiscono invischiati nella lotta tra due ridicole bande rivali: una formata da soli uomini capitanata dal pelato Eolo Capritti e l'altra, composta da sole donne, con a capo l'ex bluebell tedesca Rosemarie Lindt, ripresa quasi sempre a seno scoperto (non chiedeteci il motivo ma è la cosa migliore del film!). Dopo allucinanti avventure e incomprensibili peripezie, il puro caso aiuterà i nostri eroi ad assicurare alla giustizia entrambe le gangs; nelle patrie galere saranno però costrette a suggellare una curiosa e inopinata alleanza dovuta al matrimonio dei figli ritardati dei loro capi.

Mario Bianchi, distintosi come uno dei registi più corrivi e scalcinati della nostra cinematografia di genere, pur celandosi sotto l'usbergo dello pseudonimo di Mario Di Paola, ha sempre comprensibilmente negato di aver diretto questo film (e ne ha avuto ben donde!). Vergogna a parte, può darsi che la pellicola sia stata portata a termine dall'aiuto regista, quell'Aureliano Luppi che ebbe ad assistere l'americano Mel Welles, o secondo altre fonti il tedesco Ernst Von Theumer, nella direzione del capolavoro trash "Lady Frankenstein" datato 1973.

Basato su un copione a firma, fra gli altri di un allor giovane Claudio Fragasso, pessimo regista negli anni a venire (fu assistente di Bruno Mattei vi lascio immaginare!), il film pullula di trovate talmente demenziali da lasciare interdetti persino i più smaliziati trashofili.

Introdotti da un motivetto di irritante stupidità cantato in romanesco dalla tal Corinna Rosini, assistiamo attoniti e sbigottiti ai due ritardati che declamano il loro amore esprimendosi con i titoli dei films, squallida variazione di un'idea originaria del Quartetto Cetra dove ci si esprimeva con i titoli delle canzoni nella "Biblioteca di Studio Uno". Battute come "l'amore è una cosa meravigliosa!" oppure "vieni ti porto nel nostro posto delle fragole!", messe in bocca a miserabili figuranti, difficilmente riusciranno a distaccarsi dalle nostre memorie di esteti dell'orrido. Ciò senza tralasciare la rottura della quarta parete, nei momenti più impensati e inopportuni, con il regista (o chi per esso) che di spalle dà indicazioni ai due goffi e incapaci protagonisti; la rissa finale fra le due gangs rivali, allucinante scimmiottatura delle scazzottate alla Bud Spencer e Terence Hill, alle quali Bianchi non era certamente nuovo (vedasi il coevo "Più forte sorelle" (1973); l'urlante commissario siculo, interpretato dal sardo Efisio Cabras, che si renderà protagonista di uno dei finali più assurdi della storia del cinema: dopo essersi augurato per tutta la durata del film la morte dei due imbranati protagonisti, preso dall'esasperazione, si metterà improvvisamente a sparare all'impazzata, il tutto con non poca incredulità per noi malcapitati spettatori, espressamente invitati, prima dei titoli di coda, a far da passaparola nel caso ci fossimo divertiti!!! (vedere per credere!).

Noto anche con il diverso titolo di "Uno sbirro e mezzo", il film, dopo una fugacissima apparizione nelle sale, è circolato verso la fine dei settanta nelle prime mitiche TV locali ante legge Mammì, per poi sprofondare nell'oblio dei films dimenticati e forse irrecuperabili. Riesumato dal catalogo della "Variety Film", è stato recentemente trasmesso dalle reti Mediaset in orari impensati (paura che qualcuno lo vedesse?) e reso di pubblico ludibrio (ops... dominio) grazie a "Youtube".

Un ultima curiosità: il refrain del succitato raggelante motivetto della colonna sonora verrà in seguito riciclato per musicare il protohard "Con la zia non è peccato" interpretato dalla divina Frajese.

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