Regia di Ari Aster vedi scheda film
Sprofondati nel buio più totale, l'unica via rimasta all'essere umano è quella di cercare la luce e per la nostra Dani Ardor (Florence Pugh) la Svezia d'estate con il suo sole di mezzanotte senza fine, risulta essere il luogo più idoneo per lasciarsi alle spalle un inverno terribile nel corso del quale sono morti i suoi genitori a causa della sorella affetta da disturbo bipolare e che nell'atto del suicidio, s'è portata con sè anche la madre ed il padre.
Dani è una giovane studentessa universitaria affetta da forti attacchi d'ansia, la quale porta avanti da quasi quattro anni una relazione sempre più deteriorata con il coetaneo Christian Huges (Jack Reynor), anch'egli studente universitario.
La protagonsita quindi oltre al trauma della malattia, ha subito una perdita devastante e la sua colonna portante sembra a poco a poco crollare, poichè Christian vive tale relazione in modo meccanico tanto che ad inizio film i suoi amici gli suggeriscono di lasciar perdere il tutto e di trovarsi un'altra ragazza; solo la perdita dei genitori di Dani, fa si che quest'ultimo receda dal proposito e ipocritamente porti avanti questa farsa.
Un viaggio potrebbe rinsaldare un legame compromesso, ed invece diverrà occasione per Dani di vedere la realtà delle cose; non la superficie luminosa e iniettata dai forti raggi del Sole, ma uno sguardo nuovo, allucinato e surreale del mondo esistente grazie sia all'assunzione di droghe e sia grazie agli abitanti di Harga, piccolo paesino remoto della Svezia, dove ogni 90 anni si svolgono dei riti e delle feste dette Midsommar in onore del ciclo del Sole. Harga è un paesino fatto di poche case ed una comunità totalmente chiusa al mondo, dove i più anziani hanno un forte ascendente sulla comunità e sui culti runici ivi praticati sino a decidere anche le unioni sentimentali tra i suoi abitanti, che si dividono in varie scale gerarchiche.
La fotografia iniettata di luce Pawel Pogorzelski illumina tutto il campo della mdp creando un mondo sempre immerso in una luce perenne eppure dalla forte percezione di un'arcana oscurità che si cela dietro ogni rito, all'intenro di ogni edificio e dietro ogni parola di questi miti abitanti di Harga, perennemente vestiti di un bianco candido eppure tremendamente terrificante nel suo essere neutro; il colore lo aggiungeranno loro malgrado poco a poco i componenti della comitiva americana.
La ragione indurrebbe ad andare via, specie dopo la glaciale sequenza della scogliera a strapiombo, eppure dopo un attimo di smarrimento, tutti decidono di restare come se quel bianco accecante introiettasse in loro una perenne curiosità di sapere ed investigare su questi riti vecchi di secoli. Per Dani il soggiorno ad Harga ha una chiara valenza simbolica; una lunga elaborazione del lutto prima rivissuto in maniera traumatica, per poi prendere coscienza lentamente del proprio dolore esistenziale che trova origine in un mondo che poggia sull'ipocrisia e sull'indifferenza altrui; nel caso di Dani il non amore di Christian nei suoi confronti.
La ragazza troverà in questa comunità una famiglia sostititva e compartecipe del suo dolore, pronta ad accoglierla e far si che possa elaborare, superare e prendere coscienza del lutto, dell'indifferenza altrui e superare definitivamente i suoi attacchi di ansia.
Ari Aster rinuncia alla classica narrazione dove tutto segue una sua coerenza logico-narrativa, poco o nulla è spiegato, la realtà è frutto di una percezione personale ed allucinata dei nostri protagonisti, nulla di quel che vediamo ha un senso compiuto di per sè ed il tutto procede per metafore e numerosi simbolismi. In molti hanno accusato Midsommar di essere una pellicola formalmente ineccepibile e vuota di contenuti, ma a conti fatti risulta essere una lettura superficiale; l'ansia attanaglia lo spettatore per tutte le due ore e mezza di durata senza più lasciarlo al termine del film, dandogli una sensazione di aver vissuto un vero e proprio trip allucinogeno insieme alla sua protagonsita che grazie alla luce perenne a poco a poco supererà il buio della propria mente e l'iniziale orrore per questi riti pagani, si traformerà in un sorriso glaciale di liberazione da una invalidante sudditanza psicologica, così che possa uscire dalla propria devastante solitudine grazie ad una nuova famiglia.
Non è un film perfetto sicuramente, in una sequenza particolarmente spinta si scade nel ridicolo volontario, forse cercato, ma anche troppo sfacciato per una pellicola che sino ai 15 minuti finali, si era mantenuta su un tono semi-serio. Non abbiamo alcun jumpscare e tutto l'orrore che si percepisce, deriva solo e soltanto dall'estrema abilità con la macchina da presa da parte di questo regista che al suo secondo film, già dimostra una forte ambizione nel misurarsi con un genere inflazionato, con scelte per nulla scontate visivamente e per questo complice anche la lunga durata, crea una delle pellicole horror più d'avanguardia e belle che si siano viste negli ultimi 30 anni, il tutto grazie ad una eccezionale Florence Pugh, la quale riesce a destreggiarsi in un'amplissima gamma emotiva riuscendo a non far scedere mai il proprio personaggio nel trash (cosa facile vista la pellicola) e candidandosi ad essere forse l'attrice di nuova generazione più interessante di tutte, se proseguirà su tale strada senza svendersi al sistema.
La pellicola è costata 9 milioni ed attualmente è a ben 31 milioni nel mondo; data la lunga durata, il rated - R e la fortissima divisione presso il pubblico (il 90% della sala rideva, commentava e prendeva in giro il film... i soliti cafoni) è un buon risultato; da rivedere senz'altro in home video per carpire i numerosi simbolismi ed elementi sfuggiti di questo montone tutto da spellare; tra l'altro il regista ha annunciato una director's cut con ben 30 minuti in più (ci sono stati tagli per 80 minuti) per l'edizione casalinga, chi non riuscirà a vederlo al cinema, Midsommar è senz'altro da recuperare nell'edizione casalinga, che si spera possa amalgamare meglio i primi 15 minuti con la restante parte del film.
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