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Midsommar - Il villaggio dei dannati

Regia di Ari Aster vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Midsommar - Il villaggio dei dannati

di axe
7 stelle

Reduce da un'esperienza tragica - la sorella, affetta da psicopatia, ha inondato l'abitazione di gas tossico, uccidendo sè stessa ed i genitori - la studentessa Dani Ardor sceglie d'inserirsi in una comitiva in partenza per la Svezia, della quale fanno parte il fidanzato Christian, con il quale il rapporto è in crisi da tempo, ed altri amici. Il gruppo è ospite della comunità cui appartiene Pelle - un giovane appartenente alla cerchia di conoscenti della giovane - la quale vive isolata tra le campagne, mantenendosi con attività agricole e praticando riti ancestrali, nei quali coinvolgono i nuovi arrivati ... con esiti molto sgradevoli. Lo statunitense Ari Aster dirige un film thriller, con venature horror connesse alla messa in scena e ad alcune sequenze raccapriccianti, ricostruendo in terra ungherese un'area rurale dall'aspetto idilliaco, che la sceneggiatura colloca in Svezia, in un periodo estivo, costantemente illuminata dai raggi implacabili di un sole che sembra non tramontare mai. Qui vive la comunità dalla quale proviene Pelle, un giovane molto legato alle tradizioni della sua terra. L'invito che egli rivolge ad amici e conoscenti non desta in loro alcun sospetto. L'educazione e la positività del giovane svedese; il calore dell'accoglienza e lo spirito d'inclusività dei membri del gruppo, sono tuttavia prodromici alla sopravvivenza ed alla prosperità della comunità, la quale viene perseguita a danno di qualunque diritto o individualità. Con il passare dei giorni, i singoli ospiti, persone comuni, ognuna con una propria debolezza, sono fiaccati nella loro volontà mediante somministrazione di droghe; separati l'uno dall'altro, scoprono, a loro spese, che allontanarsi dalla valle che ospita la comunità non è possibile. Si percepisce l'estrema nitidezza del contrasto tra l'atmosfera che regna nella comunità e la cupa sanguinosità dei riti; eppure, ciò è coerente con quanto, sin dall'inizio, si mostra con evidenza ai nuovi arrivati. Sia la camerata adibita a stanza da letto comune, sia altri ambienti interni, sono affrescati rappresentando storie e fantasie che spiegano con chiarezza il pensiero e le regole del gruppo. Ogni soggetto annulla la propria individualità per il bene comune; tale bene si raggiunge perseguendo l'armonia con la natura. Dunque, ogni vita vale - e può esistere - finchè è funzionale al sistema. Raggiunta una certa età, è giusto morire, intesso come tornare a far parte di quella creatura universale qual è la naturt; alla stessa maniera, nei casi in cui è reso necessario dalla liturgia, ci si sacrifica. Le tare genetiche, che pure affliggono diversi elementi di questa piccola società, sono combattute introducendo "sangue nuovo" nel gruppo; questo è stato, apprendiamo in prossimità della conclusione, il compito di Pelle. Non è ipotizzata e men che meno tollerata alcuna forma di dissenso. L'unica tra gli ospiti che finisce per trovarsi a suo agio è Dani. Il "mondo esterno" non le ha riservato che dolori e delusioni; all'interno della comunità diviene una personalità di spicco. L'essere onorato membro di una società in cui la morte, anche di un consanguineo, è considerata cosa buona in molti casi - l'aiuta a metabolizzare le perdite patite; l'essere fuori dal proprio tempo, determinato da isolamento e stili di vita arcaici e primordiali, le dà nuova speranza e vitalità. La dolente Dani è interpretata dall'attrice inglese Florence Plugh; L'irlandese Jack Reynor è il passivo ed incerto Christian; di rilievo la presenza di Will Poulter, attore d'esperienza nonostante la giovane età, nel ruolo secondario del poco affidabile Mark. William Jackson Harper interpreta Josh, un altro giovane membro della comitiva, il quale condivide con Christian - entrambe sono studenti di antropologia in cerca di materiale per la tesi di laurea - l'interesse per gli usi della comunità. L'ambientazione del racconto, a dispetto della sua evoluzione tragica e delle venature horror, è solare. Fin troppo. Una luce intensa, innaturale, malata, probabilmente generata dal fenomeno del "sole di mezzanotte" illumina il passo dei personaggi, privati di ogni forma di privacy, costretti a cercare frammenti d'intimità in pochi angoli di buio. Anche ciò rende l'idea di una individualità che si annulla. Il film dura oltre due ore; il ritmo è lento ed i dialoghi molto dilatati. Queste caratteristiche non rendono sgradevole la visione; il regista è in grado di tenere costante la tensione, stringendo gradualmente il cerchio intorno ai protagonisti. Funesti presagi si fanno sempre più fitti in attesa del sanguinoso epilogo dal valore catartico, per tutti i membri della comunità e per la sfortunata Dani, la quale si riaffaccia alla vita in nuove vesti ed un ruolo di primo piano. "Incidentalmente" horror, "Midsommar" sa appassionare e spiazzare lo spettatore, ribaltando le prospettive, generalmente allettanti ed altrettanto ipocrite, di quei miti ed ideologie che inneggiano alla riscoperta di una vita semplice ed essenziali, un ritorno alle origini, una riscoperta di valori ancestrali. La piccola comunità persa tra le campagne della Svezia lo fa. In modo genuino e ... cruento.

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