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Queen & Slim

Regia di Melina Matsoukas vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Queen & Slim

di alan smithee
3 stelle

TFF 37 - FESTA MOBILE

Come si suol dire, "gettiamo benzina sul fuoco" e vediamo cosa succede..

Una coppia sui generis già dal punto di vista fisico, con lui (il Daniel Kaluuya tutto occhi lucidi divenuto celebre vittima sacrificale in Scappa - Get Out), modesto cassiere dal fisico minuto e dal modo di fare impacciato, mentre lei (la pantera Jodie Turner-Smith), statuaria come una gazzella e brillante giovane avvocato, si incontrano per una cena chiarificatrice.

Sono giovani, neri, indipendenti, a loro modo orgogliosi e fieri delle proprie vite, pur abitando in un Ohio ove l'attenzione nei riguardi della comunità di colore, è ancora caratterizzata da una certa supponenza e distorto grado di pregiudizio.

Di ritorno verso casa, una lieve infrazione del guidatore li espone ad un controllo di polizia, che finisce presto per tramutarsi in una tragedia ove ci scappa prima un ferimento (della giovane), e poi addirittura un morto (il poliziotto impulsivo a cui parte il primo colpo).

La fuga sarà la sola soluzione scelta dai due, anzi soprattutto da lei, avvocato tosto, che non farà altro che prendere una serie di folli iniziative atte a peggiorare e pregiudicare inequivocabilmente ed irrimediabilmente, una situazione già di per sé complicata, fautrice di una sommossa che finirà per smuovere le masse di una comunità difficilmente classificabile come minoranza.

Il fatto che in molti degli stati americani gli afroamericani siano sottoposti a controlli, stradali e non, più pressanti e discriminanti rispetto ai bianchi loro concittadini, risultando molte volte vittima di vere e proprie reazioni spropositate che volgono talvolta anche al peggio come in questa sporca storia, viene utilizzata dalla disinvolta debuttante regista Melina Matsoukas, specializzata sino ad ora in videoclip (circostanza che stilisticamente traspare assai pure qui, e non come caratteristica positiva) che adatta un racconto di James Frey molto attinente e plausibile con le vere storie di vita, ma strumentalizzando, semplificando, talvolta pure azzardando e banalizzando la vicenda, sino a rendere tutto il drammatico evolversi on the road della fuga dei due dall'Ohio alla Florida, come una mera strumentalizzazione e una provocazione fine a se stessa.

Che non aiuta granché a far luce su distorsioni o sui persistenti odiosi pregiudizi concreti e reali che ancora oggi affliggono buona parte della comunità di colore statunitense, qui abbozzata grevemente e puerilmente grazie ad un susseguirsi di eventi nefasti e prese di posizione irragionevoli e sopra le righe che, come abbiamo scritto sopra non fanno che gettare benzina sul fuoco in grado solo di provocare inutili esplosioni di violenza come risposta ad atteggiamenti altrettanto violenti ed oltre ogni ragionevolezza.

Un cinema di petto e di impulso, imprudente e sin farneticante, quello della Matsoukas, che riesce a dar vita a due personaggi protagonisti pasticcioni ed autolesionisti che paiono più un fumetto, che frutto di una reale esperienza di vita. E quello della giovane autrice pare un cinema d'impeto simile a quello di altri avventati autori tutta rabbia mal gestita del tipo Nate Parker (quello degli scellerati e ricattatori The Birth of a Nation e di American Skin). Atteggiamento e presa di posizione che talvolta ritroviamo (ma quasi solo nel modo di esternare concetti di per sé sacrosanti) nell'atteggiamento di personaggi illustri come Spike Lee, che tuttavia, a differenza dei primi due, e da regista di razza quali non riescono ad essere costoro, risulta spesso in grado di saper gestire meglio la propria rabbia e la propria insofferenza nelle sue opere, che nelle prese di posizione assunte come persona giustamente indignata.   

 

 

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