Regia di Melina Matsoukas vedi scheda film
Torino Film Festival 37 - Festa Mobile.
Sulla carta, la Legge è uguale per tutti. Nei suoi infiniti codici, non fa distinzioni di classe sociale, tanto meno mette bocca su aspetti espressamente appartenenti alle sfere culturali, religiose o razziali.
Sulla strada, è tutto un altro paio di maniche. Da un lato, chi deve mantenere/garantire l'ordine pubblico, e dall'altro, il cittadino, della barricata ci sono sempre, solo e comunque uomini e donne, con difetti e timori disseminati trasversalmente, una naturale predisposizione a commettere degli errori.
Nei momenti sbagliati, quando la congiunzione astrale incrocia le caratteristiche umano/logistiche più avverse, può accadere l'imponderabile, un evento che stravolge radicalmente le prospettive di tutti i soggetti coinvolti.
Il primo appuntamento tra Queen (Jodie Turner-Smith), un'avvocatessa ruspante, e Slim (Daniel Kaluuya), un mite commesso, finisce in tragedia quando, lungo la strada verso casa, vengono fermati da un poliziotto e, dopo un accesso diverbio, il ragazzo uccide involontariamente l'agente.
Spaventati a morte e ricercati, fuggono incontrando parenti e amici disposti ad aiutarli, così come gente comune che parteggia apertamente per loro.
Per salvarsi dalla cattura e ricominciare una nuova vita, viaggiano in direzione di una località della Florida, dove un aereo dovrebbe portarli a Cuba.
Queen & Slim prende il via senza perdere tempo, scodellando un fatto di cronaca nera, un esempio lampante del panico che si verifica, con una frequenza disarmante, negli Stati Uniti ogni qualvolta un poliziotto ferma degli afroamericani al volante.
Fin da questo abbrivio, la regista Melina Matsoukas mette in mostra un inappellabile modus operandi: eccedente nella rappresentazione, orgogliosamente manicheo nella caratterizzazione della faccenda, grossolano anche in quelle transizioni cui, in linea teorica, basterebbe una gestione elementare per uscirne, se non vittoriosi, quantomeno indenni.
Dunque, il componimento è sfrontatamente di pancia e garantisce la partecipazione infervorando gli animi. In più circostanze (troppe), è talmente ostentato, scriteriato e inverosimile da essere - almeno si spera - involontariamente bizzarro (come reazione prevalente, il pubblico ride).
Così, a forza di gettare spregiudicatamente benzina sul fuoco e disperdersi in intercapedini tranquillamente evitabili (spesso, si fa del male con scultorea nonchalance), il senso della misura diviene un oggetto sconosciuto, riscontrabile solo in rari spezzoni, a questo punto annacquati dal contesto e insufficienti per dare compiutezza e correttezza al messaggio.
Potremmo comunque pensare si tratti di una gigantesca allegoria di una società dissestata, ma troppi indizi - talmente numerosi da formare una prova - spingono nei lidi di una disgregazione preoccupante, cui un film da stadio come questo finisce solo per accentuare pericolosamente le posizioni.
Dissennato.
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