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All the Colors of Giallo

Regia di Federico Caddeo vedi scheda film

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La recensione su All the Colors of Giallo

di undying
8 stelle

Documentario che ripercorre, in una precisa sintesi di Fabio Melelli, origini e storia di una stagione cinematografica italiana indimenticabile. Apprezzata all'estero e fonte di (giusta) rivalutazione anche in patria. Con interessanti interventi di chi, quell'epoca, ha contribuito a vivacizzarla con opere fondamentali.

 

locandina

All the Colors of Giallo (2019): locandina

 

Fabio Melelli ripercorre le tappe del giallo italiano, un momento importante del nostro cinema che è stato (ed è tutt'ora) particolarmente apprezzato all'estero. Titoli frutto del lavoro di eccellenti registi, attori, sceneggiatori, musicisti ed effettisti. Oltre alla presenza degli ospiti che hanno animato quegli anni indimenticabili, fanno la comparsa interessanti trailer promozionali dei film citati. Partendo dalla definizione del termine "giallo" (la serie di romanzi Mondadori con copertina appunto gialla, avviata sin dagli Anni '30), e passando per il primo scrittore italiano (Augusto De Angelis) di romanzi a sfondo giallo deduttivo -o whodunit- in voga durante il periodo fascista, la cui eredità è poi stata raccolta da Scerbanenco, Melelli pone l'attenzione sul genere cinematografico tedesco definito "krimi", basato sugli scritti di Edgar Wallace e, di fatto, vera e propria fonte dei primi esemplari italiani.

In assoluto a Mario Bava, con il suo splendido La ragazza che sapeva troppo (1962), spetta l'onere (e l'onore) di realizzare il prototipo (poi preso in prestito persino da Argento ne L'uccello dalle piume di cristallo) del filone giallo all'italiana. Con questo esemplare lavoro (in bianco e nero) e il successivo (a colori) Sei donne per l'assassino (1964) vengono tracciate le coordinate stilistiche e i paradigmi che poi saranno puntualmente seguiti, per almeno un decennio, da altri autori che comunque -più o meno originalmente- sapranno innalzare il livello qualitativo dei film, soprattutto portando fortuna ai produttori, con pellicole girate (benissimo) a basso budget e particolarmente ben accolte dal pubblico.

 

locandina

Sei donne per l'assassino (1964): locandina

 

Bava è il pioniere di questo tipo di cinema (ma non solo, sapendo mutare il suo stile in breve tempo, e arrivando ad anticipare lo slasher americano di Venerdì 13 con il prestigioso Reazione a catena, nonché il polar con l'eccezionale e sfortunato Semaforo rosso o Cani arrabbiati), anche se per qualche insolita ragione -e nonostante fin da subito apprezzato criticamente all'estero- non ottiene mai eclatanti successi al botteghino. Cosa invece che riesce benissimo ad Argento, con l'inaspettato (soprattutto da parte del produttore Goffredo Lombardo) successo di L'uccello dalle piume di cristallo (1969), primo titolo di una trilogia "zoonomica" che darà corso ad oltre cento pellicole, in gran parte emulative. Non solo, Argento perfeziona le regole, dettando le leggi fondamentali che determinano l'intero filone, sintetizzabili nei seguenti punti:

- il look dell'assassino, nerovestito con impermeabile, guanti neri e cappello;

- la coreografia dei delitti, eseguiti con armi non convenzionali, che predomina sul testo narrativo in funzione di una componente grafica e visionaria esteticamente fondamentale;

- l'entrata in scena dell'omicida in qualunque contesto, con preferenza per l'assedio in appartamento;

- le soggettive spiazzanti, con punto di vista del killer;

- un uso innovativo, e complementare alle immagini, della colonna sonora;

- l'inserimento di veloci sketch ironici, al pari di quanto avveniva nei krimi, aventi funzione di allentamento della tensione.

 

 

Tra gli epigoni di Argento si distinguono però alcuni originali e dotati autori, in grado di rielaborare (o addirittura anticipare) quelle stesse tematiche gialle, apportando personali e fondamentali varianti. 

 

 

Lucio Fulci con Una sull'altra (1969) anticipa Argento e, nonostante una visione originale del giallo (mai statica ma sempre in continua evoluzione), con Una lucertola con la pelle di donna e Non si sevizia un paperino è costretto, dalle produzioni, ad accodarsi al filone con animale nel titolo. Pur essendo i suoi film innovativi, come dimostra anche l'eccezionale lavoro di graduale svolta (nell'horror) Sette note in nero (1977).

 

 

Duccio Tessari con La morte risale a ieri sera (tratto da Scerbanenco) e (misteriosamente non citato) Una farfalla con le ali insanguinate, dice la sua senza poi, purtroppo, approfondire ulteriormente il genere.

 

 

Luciano Ercoli dirige una trilogia interpretata da Nieves Navarro (più nota con lo pseudonimo di Susan Scott). Trilogia molto interessante per una confezione raffinata e dal taglio internazionale (La morte cammina con i tacchi alti, La morte accarezza a mezzanotte e Le foto proibite di una signora per bene).

 

 

Aldo Lado lascia il segno con il gelido La corte notte delle bambole di vetro e con il religiosamente deviato Chi l'ha vista morire?.

 

 

Giuliano Carnimeo, con il solo titolo Perché quelle strane gocce di sangue sul corpo di Jennifer?, riassume perfettamente l'intero universo del giallo cinematografico tricolore.

 

 

Discorso a parte per il grande Sergio Martino, autore eterogeneo e di ottima resa in qualunque genere trattato (poliziesco, commedia sexy, avventura), anche se fondamentale appare il suo apporto alla causa del giallo, nel quale per primo inserisce una velata componente erotica, in una ideale prosecuzione della trilogia di Umberto Lenzi interpretata dalla Baker. Tra l'altro il fratello Luciano, già produttore de Il dolce corpo di Deborah (di Romolo Guerrieri e a capo dei film di Lenzi) percorre di nuovo quella stessa strada -puntando alla indovinata coppia Fenech/Hilton- ne Lo strano vizio della signora Wardh, La coda dello scorpione e Tutti i colori del buio. Mentre con I corpi presentano tracce di violenza carnale -come già aveva fatto Mario Bava in Reazione a catena- il regista diventa fonte di ispirazione per lo slasher americano.

 

 

Sergio Martino offre a Melelli il destro per ricordare l'importanza di Ernesto Gastaldi, sceneggiatore fondamentale del giallo italiano e regista di Libido, un isolato caso nel genere di inaspettato successo all'estero, e causa della realizzazione del film diretto da Guerrieri (Il dolce corpo di Deborah).

 

 

Umberto Lenzi, oltre alla citata trilogia di "gialli dei quartieri alti" (Così dolce... così perversa, Orgasmo e Paranoia), realizza tre titoli fondamentali del periodo: Gatti rossi in un labirinto di vetro, Il coltello di ghiaccio Sette orchidee macchiate di rosso.

 

 

Gli autori, escludendo stranamente Tonino Valerii (Mio caro assassino), Maurizio Lucidi (La vittima designata), Luigi Bazzoni (La donna del lagoGiornata nera per l'ariete e Le orme), Armando Crispino (L'etrusco uccide ancora e Macchie solari), Massimo Dallamano (Cosa avete fatto a Solange? e La polizia chiede aiuto) e dedicando a Lenzi una spazio marginale (gli ultimi 5 minuti), lasciano intendere che il documentario potrebbe avere un probabile seguito. Certo, esaurire in 90 minuti un argomento così imponente non è cosa semplice. È comunque un lavoro da apprezzare per la precisa ricostruzione delle origini di un genere essenziale nella nostra cinematografia  e -soprattutto- per l'ampio spazio dedicato agli interventi dei protagonisti, tra i quali anche il buon Lucio Fulci, presente a viva voce grazie a interviste audio rilasciate a suo tempo.

 

 

Elenco dei protagonisti coinvolti nel documentario 

Ernesto Gastaldi

Biagio Proietti

Lamberto Bava

Dario Argento

Daria Nicolodi

Lucio Fulci (solo audio)

Barbara Bouchet

Dardano Sacchetti

Luciano Ercoli

Nieves Navarro

Sergio Martino

Edwige Fenech (il tempo per lei sembra essersi fermato, essendo ancora bellissima)

George Hilton

Umberto Lenzi

 

 

"Ognuno di noi è un potenziale assassino – in ognuno di noi sorge di tanto in tanto il desiderio di uccidere – sebbene non la volontà di uccidere." (Agatha Christie)

 

F.P. 24/09/2019 - Versione visionata della durata di 88'59"

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