Regia di Sandro Bolchi vedi scheda film
Un giovane partigiano, finita la seconda guerra del mondiale, non sa più che fare della sua vita. I genitori lo costringono a trovare un lavoro, uno qualunque, ma la sua vita è segnata dalla necessità di combattere contro un nemico e contro una società in cui non trova un suo posto.
Il dramma sociologico del ‘ritorno alla normalità’ dei partigiani in un Paese devastato dalla guerra mondiale prima e da quella civile poi, reduce da un ventennio di tirannide spietata e messo in ginocchio sul piano economico dal conflitto appena chiusosi; tutto questo è al centro del romanzo La paga del sabato, che Beppe Fenoglio non riuscì a pubblicare in vita e uscì postumo nel 1969, a quasi due decenni dalla sua prima stesura. Giorgio Arlorio lo traduce in una sceneggiatura per una pellicola destinata al piccolo schermo, con la regia dell’esperto Sandro Bolchi. Ne viene fuori senz’altro una buona illustrazione, ma non solo: La paga del sabato è un film vibrante di vita propria, con un protagonista in forma eccellente quale Lino Capolicchio e una serie di comprimari al suo fianco, ciascuno al posto giusto a partire da Jenny Tamburi, già habituée del filone erotico nel decennio appena trascorso, per poi citare Nino Pavese, Gianna Piaz, Mario Valgoi, Ernesto Colli, Dante Biagioni, Cesare Polacco. Da sottolineare anche la vivace colonna sonora jazzata che firma Mario Bertolazzi; due ore tonde di durata, suddivise in due puntate da un’ora ciascuna onde trasmettere il lavoro in duplice prima serata Rai. 5/10.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta