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L'uomo del banco dei pegni

Regia di Sidney Lumet vedi scheda film

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kosmiktrigger23

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su L'uomo del banco dei pegni

di kosmiktrigger23
10 stelle

THE TORTURE NEVER STOPS

 

Raramente un film mi ha turbato più di questo. E raramente ho letto recensioni con le quali mi trovavo meno d'accordo. È una delle poche pellicole che abbia letteralmente costretto qualcuno a guardare (mia moglie, la mia vittima preferita, nel caso specifico) e rispetto alla quale abbia ricevuto uno specifico diniego: da parte di mia madre, che pur essendo una grande appassionata di cinema, e pur avendolo visto, lo ha inserito nella sua categoria dei film "con la croce sopra", che include quella particolarissima categoria di film che l'hanno segnata così tanto da non voler essere più rivisti.

Beh, mentre mia moglie, medico, un tipo pratico, l'ha semplicemente interpretato come una documentazione di uno stress post traumatico (l'esperienza di Auschwitz), molte altre recensioni lo accusano di ambiguità ideologica. a partire dal più banale "visto che anche gli ebrei erano delle carogne", fino ad argomentazioni più sottili, di tipo spielberghiano-sentimentalistico del tipo "un-uomo-inaridito-da-un-dolore-inenarrabile-riscopre-il-valore-degli-affetti-umani-attraverso-la-memoria". Io dissento fortemente,e vorrei basarmi, per non farla troppo lunga, su quattro scene, che si completano a vicenda, in un moto circolare. Nella prima scena noi vediamo Rod Steiger (è necessario sottolineare la sua interpretazione?) seduto in una sdraio che rifiuta la proposta di un viaggio in Europa (nei luoghi della memoria) fatta dalla sorella della moglie; nella seconda egli assiste prima all'offerta di un anello da parte di una povera ragazza incinta, che evidentemente sta cercando disperatamente di fare un po' di soldi dopo essere stata abbandonata e alle profferte erotiche da parte di un'altra donna, la ragazza del suo volenteroso discepolo Jesus (torna l'eterna maledizione del deicidio?) che pur di recidere i debiti del suo amato, si dimostra pronta a soddisfare ogni "richiesta" dello spietato "aguzzino ebreo". In entrambe queste scene egli ha degli atroci flshbacks di ciò che ha vissuto nel lager: l'anello della ragazza gli ricorda le mani disperatamente offerte dalle donne alle SS attraverso il filo spinato, il seno nudo dell'altra l'estrema umiliazione infertagli da una guardia durante la sua prigionia, costringendolo a osservare la propria moglie obbligata a soddisfare le voglie di un soldato tedesco in una baracca del lager. In realtà gran parte dell'equivoco consiste nel considerare questi flashbacks: per me non lo sono. Lui non sta ricordando certe esperienze,al banco dei pegni, le sta rivivendo. La seguente scena (terza) fondamentale  è quella nella quale Sol Nazermann (Rod S.) si reca dal suo "capo", dopo aver capito, grazie alle rivelazioni della ragazza di Jesus che gestisce una rete di bordelli, della quale il suo banco dei pegni è appena una facciata. Ne segue un dialogo piuttosto interessante, nel quale il pappone umilia in modo brutale il povero Sol, sfottendolo sulla sua "presunta" superiorità professorale (era un professore di chimica in Europa "prima che diventasse un campo santo") - e ricordiamo ciò che Slavoj Zizek, dice della doppia minaccia dell'ebreo per i nazisti: da una parte il sordido topo di fogna, dall'altra l'iper intellettuale in grado di compromettere le certezze culturali con il suo relativismo - e ancora, dopo aver evidenziato la totale dipendenza di Sol da lui, lo costringe ad accettare un affare illegale senza fare troppe domande: lo costringe a dire "sì". Beh, secondo me è impossibile non sentire riecheggiare in quel "sì" estorto con la violenza l'eco di quegli ineffabili, umilianti atroci "sì" che Sol Nazermann - e tutti quelli come lui - sono stati costretti a pronunciare in campo di concentramento, pur di sopravvivere (basta sentire le testimonianze dei membri del Sonderkommando). Lui non sta ricordando determinati meccanismi di violenza e sopraffazione (questo non è Spielberg, baby), li sta vivendo. L'incubo è ancora in corso, Treblinka ha solo traslocato, la tortura è ancora all'inizio. Ed ora veniamo alle ultime scene interessanti: disperato per le esperienze del giorno, Sol vaga tutta la notte e poi si rifugia da una patetica missionaria che qualche giorno prima aveva provato ad ottenere un'offerta da lui e ne aveva avuto un secco rifiuto, pur non rinunciando a invitarlo a pranzo e a fare due chiecchiere, probabilmente intuendone il "tormento interiore". Beh, il dialogo è inutile e ridicolo, ma avviene su un'alta terrazza che pone il paesaggio come protagonista assoluto della sceneggiatura: il trionfante ascendere dei grattacieli di vetrocemento. Ed ecco tutta l'importanza dell'universo urbano, del guardarsi attorno in modo libero e ondivagante: non è un semplice omaggio al nuovo cinema "free", ma è parte integrante di un discorso che non può non includere la città capitalistica nella tragedia personale di un personaggio, così come sarebbe stato impossibile escludere i luoghi della  Shoah oggi nel documentario di Claude Lanzmann. Non siamo qui per ricordare, non siamo qui per radunare le disiecta membra della società borghese in un sentimentalismo del tipo "è-successo-ma-noi-siamo-meglio". Siamo qui per ammettere che sta succedendo. E che fa parte di un meccanismo economico, e che 'indifferenza connaturata a tale meccanismo è la medesima per i contadini che avevano i campi vicino ad Auschwitz e per le persone per bene che hanno il pescivendolo accanto al banco dei pegni. L'idea di innocenza, su cui si basa il 90% dei film sullo sterminio degli ebrei a partire dagli anni 2000 (innocenti loro, innocenti noi, innocenti tutti, pur di star bene guardando il film) qui è messa fortemente in discussione.

Sempre più infelice, Sol prende la metropolitana per tornare al suo negozio, che ormai, passata l'alba deve aprire. Sulla metropolitana rivive, in una scena in grado di far rabbrividire persino un pezzo di granito, il momento in cui, prigioniero sul treno che deve condurlo al campo di sterminio, stremato nella ressa inumana di corpi, non riesce più a sostenere in braccio il figlio David che cade, finendo fatalmente calpestato a morte. Ora questa scena è importante perchè rappresenta esattamente il contrario di come l'avrebbe un moderno film sulla Shoah: non è autoconclusiva nel suo orrore. Pur rappresentando l'apice tragico del film, io la considero semplicemente uno specchietto per le allodole rispetto a quello che deve accadere in futuro. 

Infatti, irretito dalle cattive compagnie, abbagliato da quel fantasma di progresso e di arricchimento che tutto ciò che lo circonda, a cominciare dal negozio dei pegni, Jesus, offeso da un litigio con Sol (ma davvero siamo così ingenui da pensare che sia un battibecco la causa di tutto), progetta, insieme a tre balordi del suo giro, una rapina proprio alla cassaforte del negozio. Dovrebbe essere una rapina "senza spargimento di sangue", ma come è ovvio non va così e finisce che il povero Jesus, per proteggere la resistenza di Sol, si becca un bel colpo mortale e, in una scena di insospettabile durezza per l'epoca del film, muore dissanguandosi per la strada. Sol disperato lo abbraccia,e poi precipitandosi in negozio in stato confusionale e divorato dal rimorso, si trafigge la mano con quel punteruolo sul quale era aduso appuntare le ricevute dei pegni.

Ora: l'interpretazione che va per la maggiore è "Sol capisce quanto sia stato arido, quanto il suo comportamento disumano

sia stato causa di tragedie e di disgrazie (che è un po' come dire "cari Giudei, delle mezzecarogne eravate sempre stati, e avete creato solo guai...). Per me è completamente diverso: quando Jesus pronuncia le parole "santificanti": "L'ho fatto perchè non volevo che ti sparassero...." pone nuovamente Sol nella terribile condizione subita sul treno dei deportati, quando, dovendo mollare suo figlio per consunzione, grida alla moglie  "Non posso fare nulla...". Il punto è che questa vicenda speculare allo sterminio si svolge nei meccanismi infimi della società capitalistica, così come il nazismo era la maschera deformata del capitalismo. E, tornando all'inizio, ecco perchè Sol non ci vuole andare in Europa con la sua bella famigliola di neo americani ("Lo zio Sol non vuol sentir parlare di queste cose" dice la nipote, dicendo  l'unica cosa sensata), non perchè non voglia ricordare, ma perchè non ha nulla da ricordare perchè tutto è nuovamente evidente sotto i suoi occhi. Sol si trafigge la mano non per punirsi, ma per svegliarsi, per darsi un pizzicotto. Ma l'incubo non ha mai fine. Nessuna cosa è illuminata.

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