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L'uomo del banco dei pegni

Regia di Sidney Lumet vedi scheda film

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La recensione su L'uomo del banco dei pegni

di FABIO1971
8 stelle

Tratto dagli sceneggiatori Morton S. Fine e David Friedkin (una vita nella Tv americana firmando gli script di serie immortali come, tra le tante, Il virginiano, The Alfred Hitchcock Hour, Police Story, I Spy, Kojak, Le strade di San Francisco) dall'omonimo romanzo di Edward Lewis Wallant, che nel 1961 piazzava il negozio di un usuraio ebreo sulle rive del fiume Harlem e lasciava deflagrare le tensioni latenti nei suoi personaggi oppressi dalle miserie della vita ed ossessionati dalle conseguenze devastanti delle persecuzioni dell'Olocausto, L'uomo del banco dei pegni ne adatta la vitalità straripante e dolente traducendone gli umori più furenti e strazianti con i toni e le atmosfere evocate dalla furibonda lotta per la sopravvivenza che il suo protagonista, Sol Nazerman, intraprende contro se stesso e contro il suo prossimo: un'umanità di miserabili, magnaccia, ubriaconi, teppistelli di quartiere, prostitute, in cui chi tenta la fuga per salvarsi dall'estinzione, come nei campi di concentramento, viene immediatamente accerchiato e "giustiziato". Pur con numerose modifiche al testo originale (che causarono, per assurdo, al film accuse di antisemitismo), Lumet non perde mai di vista la sottile demarcazione tra i toni della denuncia sociale ed il melodramma, nei cui registri drammaturgici inscrive stilisticamente il film, concentrandosi sulle disperate vicende di alienazione urbana dell'ex-professore universitario, ora usuraio in un banco dei pegni di New York, Sol Nazerman (a cui Rod Steiger offre una delle più memorabili interpretazioni della carriera), sopravvissuto alle aberrazioni dei campi di concentramento (dove ha perso moglie e figli) e tormentato da lancinanti ricordi, del suo aiutante portoricano Jesus (Jaime Sànchez), dell'assistente sociale Marilyn (Geraldine Fitzgerald), del torvo Rodriguez (Brock Peters), che con i proventi delle sue attività di sfruttamento della prostituzione finanzia direttamente il banco dei pegni: ad ognuno Sol dispensa l'identico trattamento, trasfigurando gli effetti dell'oppressione nazista nella freddezza e nell'indifferenza degli affetti umani e nelle sue angoscianti nevrosi. Ma la spirale di avvenimenti innescati dall'ammirazione che il giovane Jesus, invece, nutre nei suoi confronti condurrà Nazerman alla resa dei conti con il proprio passato. Inizialmente progettato, per motivi economici, per essere ambientato a Londra (e proposto, dopo una prima stesura del copione curata dal canadese Ted Allan, a registi come Stanley Kubrick, che rifiutò perchè convinto che Rod Steiger non fosse adatto per il ruolo del protagonista, Karel Reisz, che invece declinò l'invito perchè per nulla intenzionato ad avere di nuovo a che fare con campi di concentramento e nazisti dopo aver perso i genitori proprio durante l'Olocausto, Franco Zeffirelli, che lo giudicò effettivamente troppo distante dalle sue corde per esordirvi in una produzione internazionale), venne definitivamente affidato al Sidney Lumet fresco reduce dai suoi adattamenti da Eugene O'Neill ed Arthur Miller (Uno sguardo dal ponte e Il lungo viaggio verso la notte) e al Rod Steiger appena tornato dalla trasferta italiana di Le mani sulla città e Gli indifferenti (ma addirittura Groucho Marx, appena letto il romanzo, si propose alla MGM, che ne aveva inizialmente acquisito i diritti di sfruttamento, per interpretare il personaggio di Sol Nazerman): girato in esterni per le strade di Brooklyn e Manhattan, la cui desolazione metropolitana è tratteggiata dai magistrali chiaroscuri della fotografia del leggendario Boris Kaufman, fratello minore di Dziga Vertov (mentre luci abbacinanti squarciano i flashback di Nazerman), e in interni nelle spettrali scenografie ricreate da Richard Sylbert, sorretto da un ritmo incalzante che non lascia scampo allo spettatore (con il superbo montaggio curato da Ralph Rosenblum), accompagnato in colonna sonora dalle squisitezze jazz firmate da Quincy Jones (tra cui la strepitosa Soul Bossa Nova), interpretato da un affiatato cast d'interpreti (e tra le comparse figura anche un esordiente Morgan Freeman), L'uomo del banco dei pegni fonde lo smagliante impatto visivo della messinscena con la violenza veemente della denuncia civile, puntando l'indice sull'incapacità del suo personaggio a gestire ed elaborare i propri sensi di colpa ed evitando accuratamente di impantanarsi negli stereotipi della facile commozione. Un film crudo, teso, asfissiante, spregiudicato, che Lumet governa con solido mestiere e intuizioni spesso folgoranti, come nell'impietosa sequenza in cui Nazerman rivela alla donna incinta, che voleva impegnare un anello creduto di valore, che si tratta di un falso in vetro, o come nel suggestivo crescendo drammatico del concitato finale. L'audacia delle scene di nudo (protagoniste le attrici Linda Geiser e Thelma Oliver) scatenò le ire della Catholic Legion of Decency, ma con pochi "aggiustamenti" il film riuscì a districarsi tra le maglie della censura e venne spedito prima al Festival di Berlino, nell'estate del 1964, dove collezionò il plauso unanime della critica (con tanto di premio Fipresci a Lumet) e l'Orso d'Argento a Rod Steiger come miglior attore protagonista, e poi distribuito nelle sale americane (aprì a Los Angeles nella primavera del 1965), con conseguente incetta di nominations per gli Oscar (ma non raggranellò neanche una statuetta, sconfitto da Tutti insieme appassionatamente e, per quanto riguarda Rod Steiger, dal Lee Marvin di Cat Ballou).

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