Regia di Mario Bonnard, Sergio Leone vedi scheda film
Iniziamo col dire che prendere un romanzo come "Gli ultimi giorni di Pompei" e volerne trarre non un kolossal (o, dato che di produzione europea si parla, mini-kolossal) ma un filmetto di 1 ora e 30 significa già partire col piede sbagliato, e non c'è Steve Reeves che salvi. E' anche vero che non si tratta di una vera e propria trasposizione dato che rimangono i nomi e qualcos'altro ma le vicende vengono sostanzialemente modificate ("libera riduzione" recita infatti il titolo di testa).
Ciò non toglie che si trattasse di una co-produzione tra ben tre nazioni: Italia, Spagna e Germania Occidentale. Si girò tra Madrid e Roma e ognuno dei tre Paesi piazzò i propri attori pretendendoli in locandina. Da un'operazione così si poteva sperare qualcosa di più che non una pellicola che per 1 ora e 20 minuti fatica a non sembrare un peplum qualsiasi senza infamia e senza lode.
La trama è piuttosto avvincente e non manca di coinvolgere ma dove il film viene meno è nella disomogeneità delle prove attoriali. Steve Reeves (qui sbarbato) ha una fisicità che riempie lo schermo ogni volta si trovi in scena, sebbene quando esce dai limiti dei movimenti lenti e solenni di erculea memoria cercando di interpretare il barcollare del suo personaggio da ubriaco o da ferito, ahimé mi spiace dirlo, sfiora il ridicolo tanto è goffo. Bravo lo spagnolo Fernando Rey nei panni del gran sacerdote di Iside, teatrale, come genere vuole, e austera la Baumann nel ruolo di Giulia (e, come tradizione vuole, doppiata da Lydia Simoneschi). C'è anche Mimmo Palmara, nel ruolo del centurione cattivo.La sequenza del saccheggio iniziale tanto è piena di ritmo e buon incipit, quanto deturpata da finte morti che più finte non si può, neanche a teatro. E anche tutte le scene di combattimento, con relativi rotolamenti e cadute, hanno un sapore molto finto, che sciupa tutto. La "povera" Kauffman poi (beata lei che a soli 14 anni già stoccacciava Reeves) è ovviamente acerba e farne una delle protagoniste femminili una scelta molto discutibile.
La scena finale dell'esplosione, tra incendi e masse in fuga, anche se rimane un po' fine a se stessa, è dove il film riesce ad avere un po' di quell'afflato epico mancatogli fino a quel momento (pur tra qualche "crollone" di troppo).
Il colore è usato in modo sgargiante e vivacissimo, cosa che di solito non mi fa impazzire, ma che in questo film non mi è dispiaciuta, dovendo rappresentare lo sfarzo di Pompei prima della catastrofe.
Il film è accreditato a Mario Bonnard, penso anche come segno di rispetto, anche se il regista di lunga carriera lavorò in preproduzione per poi ammalarsi gravemente proprio il primo giorno delle riprese all'arivvo a Madrd: Sergio Leone, accreditato come regista della Seconda Unità, dirigerà quindi in realtà l'intera pellicola.
Insomma, come film in sé darei un 2, per chi ama il genere invece gli si può assegnare tranquillamente un 3.
sbarbatosi (peccato) per fare la parte del romano, ha qualche espressione in più del viso rispetto al solito, cui compensa con una goffaggine imbarazzante quando deve fare l'ubriaco e il ferito. Resta comunque il gran pezzo d'uomo dal viso bello e virile che, nonostante tutte le mancanze, con la sua sola presenza riempie lo schermo.
acerba
bravo
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