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Falling - Storia di un padre

Regia di Viggo Mortensen vedi scheda film

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La recensione su Falling - Storia di un padre

di alan smithee
7 stelle

"Non senti! Comunque non ascolti nessuno! E rifiuti di accettare qualsiasi aiuto. Non sei mai felice; niente di rende felice! Per te sono tutti stronzi e puttane!! O finocchi!! Sei terrorizzato, Hai apura di vivere, e pure di morire, cazzo!! E soprattutto non ti ho mai sentito dire una volta nella vita "mi dispiace!!"."

E' un vecchiaccio insopportabile, quell'iracondo e testardo Willis che la vecchiaia induce a trasferirsi di malavoglia presso la casa del figlio primogenito John, pilota d'aerei omosessuale che divide la sua casa col proprio marito Eric e la di loro figlia adottiva Monica.

Ma lo è sempre stato, un uomo insopportabile, minato da un carattere in grado di risultare inopportuno e spiacevole anche in occasione degli eventi più lieti.

La storia del film, attraverso un flashback, ci illustra come, già dal primo ingresso di John in fasce nella casa dei due sposini suoi genitori, il padre lo abbia apostrofato in modo spiacevole ed inopportuno in occasione del suo primo pianto infantile ed incosciente.

Il viaggio per portare il vecchiaccio dalla sua fattoria al sud della California, impegnerà non poco le energie e la pazienza di John, uomo paziente e saggio che ha sempre sofferto, ancor più in gioventù, il carattere arrogante e freddo del genitore, al punto da scegliere di andarsene il più lontano possibile.

Ma l'occasione di questo forzoso riaccostamento, sarà l'occasione per chiarire, alle buone ma anche alle cattive, tutto quello che i due uomini non si sono mai riusciti a rinfacciare, per ritrosia, per vergogna, o anche semplicemente per il fatto di aver smesso di frequentarsi.

Guadagnando, ognuno dei due nei confronti dell'altro, se non comprensione, almeno dignità di aver saputo intraprendere percorsi alternativi, necessari ed indispensabili per permettere ad ognuno di vivere una sua vita dignitosa, ognuno aggrappato ai propri punti di vista, sempre diametralmente opposti.

Impegnato nella sua opera prima come regista, l'affascinante attore Viggo Mortensen dà vita ad un'opera toccante e pregna di sentimenti contrastanti, ma anche ben calibrata a cesellare personaggi e figure che cercano invano di rendersi disponibili ad un dialogo che tenti di riavvicinarli.

E nell'azzeccare di "scegliersi" come protagonista nel ruolo del pacato, sensibile ed affettuoso John - ruolo che si inserisce in una lunga serie di personaggi davvero "umanamente" riusciti per Mortensen, che, già a partire dagli esordi con lo straordinario ed inquietante Riflessi sulla pelle di Philip Ridley, va ad inserirsi con grande pertinenza nel percorso invidiabile di una carriera da star caratterizzata da un numero ragionato di titoli, ma tutti quasi sempre notevoli e rivenienti da grandi o grandissimi autori, il neo regista ha anche il merito di aver azzeccato alla grande tutto il resto del cast.

A partire dal fantastico Lance Henriksen, che si lascia da parte una carriera di titoli da personaggio inquietante, méchant o psicopatico, per dar vita ad un vecchiaccio di nome Willis da manuale, che resterà come uno dei punti più alti di una carriera votata ad un cinema prettamente commerciale.

Non gli è da meno il nordico Sverrir Gudnason, che interpreta lo stesso personaggio da giovane, già a quei tempi alle prese con la gestione di un carattere difficile, se non proprio impossibile anche a se stesso. Non sono da meno le donne, nella persona di Hannah Gross, giovane bellissima moglie paziente di un Willis già insopportabile ed ingestibile, e Laura Linney, nei panni della figlia secondogenita di Willis in età adulta. In un cameo, nel ruolo di un medico scrupoloso, appare anche l'amico e regista del cuore di Mortensen, David Cronenberg.

E Falling, opera forte e struggente che Mortensen dice di aver fatto sua dopo l'esperienza intensa e drammatica di un viaggio solitario in aereo compiuto per raggiungere la madre morente, è un film accorato e illuminato da un sentimento che va ben oltre il facile sentimentalismo, proteso fino a fondo a sondare l'intimo tentativo sin stremo di accettare un proprio genitore, e quello ancora più arduo di farsi accettare da chi si vuole poter amare, nonostante tutto, e nonostante quel carattere inguaribilmente velenoso e sprizzante di orgoglio quasi sempre fine a se stesso.

 

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