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Seberg - Nel mirino

Regia di Benedict Andrews vedi scheda film

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La recensione su Seberg - Nel mirino

di supadany
5 stelle

Venezia 76 - Fuori concorso.
Per conseguire un obiettivo teoricamente utopistico, è obbligatorio partire da lontano, passare per step intermedi e avere una programmazione di medio/lungo termine.
Ad esempio, per unire un popolo pareggiando disuguaglianze congenite, per prima cosa, andrebbe rivisto il modello educativo. Da qui, avremmo più comprensione verso gli altri, l'amore acquiserebbe ampiezza, diventeremmo pazienti, imparando ad ascoltare.
In Seberg, l'inquieta diva della Nouvelle Vague è ovviamente sotto i riflettori, ma ciò che ruota intorno al suo personaggio permette di inserire altri temi (anche se molto rimane in superficie), testimoniando quanto il bene comune e la propensione a un rapporto genuino con l'altro siano erosi dalla supervisione astiosa e invasiva delle autorità.
Tra Parigi e gli Stati Uniti, sul finire degli anni sessanta. Durante un viaggio negli Stati Uniti, la diva Jean Seberg (Kristen Stewart) incontra Hamik Jalal (Anthony Mackie), attivista delle Black Panthers.
A causa dell'intensità di questo legame, Jean finisce sotto il controllo delle autorità federali, specificatamente rappresentate da Jack Solomon (Jack O'Connell).
Sentendosi costantemente spiata e violata nell'intimità, l'attrice sviluppa una paranoia che minerà gravemente il suo equilibrio psicologico, spingendola a tentare ripetutamente il suicidio.

 

Kristen Stewart

Seberg (2019): Kristen Stewart


Affrontando la figura di Jean Seberg - folgorante fin dagli esordi (Santa Giovanna, Bonjour tristesse!) e indimenticabile protagonista de Fino all'ultimo respiro -, nel periodo compreso tra il 1968 e il 1971, il regista Benedict Andrews sfiora, tocca e approfondisce varie questioni, modificando ripetutamente il cono d'osservazione.
Sullo sfondo rimangono le proteste per i diritti civili, in rilievo è evidente come non si trattasse di una società spensierata (ogni personaggio ha dei problemi in atto), mentre a crescere - seguendo le orme de La conversazione (ovviamente, senza scavi interiori della medesima portata) - è la psicosi da controllo esterno, da forsennata violazione della privacy, con i metodi invasivi dell'Fbi e specifiche zone d'ombra che mai nessuno potrà sbrogliare.
Tutti questi ingredienti gravitano regolarmente attorno alla protagonista Jean Seberg, interpretata da Kristen Stewart. Una scelta adeguata per i suoi atteggiamenti estroversi, a volte schivi in altri casi pugnaci, da creatura integra e consumata, sensibile ai temi sociali e indipendente nelle scelte di vita.
Nell'insieme, Seberg ha una sintassi semplice, una nutrita quantità di segni calligrafici e una stesura dagli umori alterni. In più, tenta di non impantanarsi, tirando per la giacca argomenti che avrebbero meritato un maggior approfondimento (in certi casi, l'accenno lascia a bocca asciutta più della mancanza totale), obbligata a lasciare aperte alcune finestre per strada, in un'infornata virata più sull'accumulo che sulla completezza.
Incompiuto (almeno parzialmente).

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