Regia di Claudio Gora vedi scheda film
Emilio Giordana alias Claudio Gora, volto conosciuto, per avere spesso prestato la propria maschera a personaggi ambigui e cinici, dirige un film, nel quale utilizza la trama da melodramma per descrivere qualche aspetto dell'Italia del tempo, che al cinema non trovava ospitalità tanto facilmente. L'umanità annoiata di cui fanno parte Massimo, Sandro, Elena, Pierrò (Vittorio Caprioli, in uno dei suoi personaggi più riusciti) somiglia alla congrega degli esistenzialisti che si riuniscono a Capri nel celebre Totò a colori, del 1952 e descrive con una dose di sarcasmo le nuove generazioni delle migliori famiglie italiane dell'epoca, quelle chiamate a costituire la classe dirigente. Per di più, Gora racconta un mondo di truffaldini e strozzini che pullulano nel sottobosco delle sale da gioco, ma ha anche il coraggio di affrontare in termini per niente ipocriti un argomento, come quello dell'aborto clandestino, che all'epoca era pressoché tabù. Merito dell'attore/regista genovese, che dovette penare due anni prima di poter portare a termine il film, ma anche del soggetto scritto da un altro attore con velleità autoriali come Leopoldo Trieste, nonché di un cast del quale fa parte un Massimo Serato quanto mai untuoso ed ingannevole, ed una giovane Marina Berti, moglie del regista.
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