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Le streghe

Regia di Luchino Visconti, Mauro Bolognini, Pier Paolo Pasolini, Vittorio De Sica vedi scheda film

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La recensione su Le streghe

di Gangs 87
7 stelle

Cinque episodi per cinque registi ed una sola protagonista Silvana Mangano. All’estremo apice della sua carriera la Mangano si presta a rappresentare la strega, anzi le streghe del titolo della pellicola dalla multi-regia che racconta, con aneddoti diversi, la donna per antonomasia, ne esalta i difetti e la innalza a colpevole della disgrazie dell’uomo sempre vittima delle sue malefatte.

 

La strega bruciata viva di Luchino Visconti: una famosa attrice fugge dalla sua falsa routine per andare a trovare gli amici in montagna. Ma gli amici si rivelano serpenti e tra donne che ne contano i difetti e uomini che cercano di portarla a letto la donna è imprigionata nell’infelicità. L’episodio più corposo e intenso dei cinque. Visconti ci rende testimoni di abusi e soprusi senza mezzi termini, considerando anche l’epoca in cui il film è ambientato. La Mangano è immensa in un ruolo che sembra volerla rappresentare involontariamente (?) e in cui si rintana manifestando il suo splendore e la sua bravura.

 

Senso civico di Mauro Bolognini: un uomo è vittima di un incidente, una donna si offre di condurlo in ospedale solo per servirsi di lui e attraversare tutta Roma evitandone il traffico. L’uomo è Alberto Sordi, la donna ovviamente Silvana Mangano nell’episodio più breve e divertente dei cinque ma a pensarci bene è anche il più subdolo e meschino. La simpatia di Sordi è talmente tanta da essere presente anche in questo breve sketch rendendolo, a suo modo, unico.

 

La Terra vista dalla Luna di Pier Paolo Pasolini: Ciancicato Miao e suo figlio Baciù piangono la morte della moglie e madre Crisantema ma, usciti dal cimitero, si mettono alla ricerca di una sostituta e dopo varie peripezie e sfortune incontrano la bellissima e sordomuta Assurdina Cai ma la loro ingordigia di felicità li porterà a perdere anche lei, forse. Pasolini dirige, di nuovo, Totò e Ninetto Davoli e, per la prima volta Silvana Mangano, aprendo con lei un sodalizio duraturo, e fa un lavoro strepitoso. Circonda tutto di colori esaltanti, personaggi esagerati in un’ambientazione futurista, avanguardista per quel tempo, alternandola a scritte colorate su sfondi sgargianti di supposizioni e frasi semplicistiche ma filosofiche, come nei migliori film muti di altri tempi. Un’opera magica che poteva derivare solo dalla penna e dalla mente di PPP.

 

La siciliana di Franco Rossi: una donna siciliana confida a suo marito delle avance di un altro uomo che l’ha illusa e poi è sparito. Così il tradito uccide l’uomo per poi restare ucciso da un parente della vittima che verrà a sua volta ucciso da un altro parente e così via. Pochi minuti colmi di stereotipi del sud tra l’onore da difendere e i torti da ricambiare. L’episodio più disturbante.

 

Una sera come le altre di Vittorio De Sica: una coppia sposata da tempo è vittima di una crisi coniugale. Lei insoddisfatta di lui che con il tempo si è disfatto e che si lascia andare ad un rapporto ormai logoro di noia. Silvana Mangano che duetta con Clint Eastwood vale la visione dell’episodio più spento, ma dal canto suo più credibile, dell’intera visione. Clint bellissimo e intenso anche nel non fare nulla e la Mangano insoddisfatta e alla perenne ricerca di qualcosa capace di riaccendere il brivido della passione, rendono meno umana una condizione normale permettendo ai comuni mortali di non sentirsi poi così incompresi.

 

Nota di merito ai bellissimi titoli di testa disegnati da Pino Zac.

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