Regia di Dario Almerighi vedi scheda film
"Dio? Qui non c'è nessun dio. Benvenuti all'inferno! Benvenuti a casa mia!!"
Non ci sono buoni e/o cattivi in questa opera d'esordio di Dario Almerighi; piuttosto ci sono le vittime, ed i carnefici, costretti entrambi a dividersi e contendersi un circoscritto ed infelice, desolato fazzoletto di terra incolta al centro di una landa altrettanto dispersa ove quel che resta dei corpi orrendamente maciullati di giovani incaute vittime, viene sottoposto all'azione ancor più disgregatrice che la voracità di un allevamento di suini consente, prima di finire dispersa tra i flutti di un anonimo corso d'acqua poco lontano.
Dopo aver scontato dodici lunghi anni per un omicidio dai contorni non molto chiari, il pingue 42-66 - nome in codice derivante da due dei molti tatuaggi che gli ricoprono il debordante fisico che lo disegna, trova rifugio in una casa di proprietà perduta tra la boscaglia, occupata in quel periodo di detenzione da un cugino, allevatore di maiali afflitto da psicosi e manie assassine.
Non meno barbari appaiono alcuni ragazzi spacciatori che si dilettano a violentare ragazze proprio in quel bosco, senza escluderne l'eliminazione di coloro che arrecano agli aggressori più problemi del dovuto.
Quando una di queste sventurate ha l'occasione di cadere "dalla padella alla brace", finendo dalle mani dei tre aggressori in quelle ancor più pericolose del cugino psicopatico e allevatore di maiali, 42-66 ha modo di scoprire che i tre si sono introdotti nella sua proprietà per spiare e filmare le torture perpetrate, a maggior godimento del loro anziano capobanda, un sadico che ama visionare snuff movies a suo sconcertante maggior ludibrio.
I tre escogiteranno un modo per infiltrarsi nuovamente in quella casa, coinvolgendo alcuni sbandati tossicodipendenti, e ponendo le basi per un regolamento epocale dei conti, al termine del quale, per la prima volta, allo sconvolto e deviato 42-66 si confronterà con un valore sconosciuto come quello della lealtà e della riconoscenza, riuscendo finalmente ad abbandonare quel fantasma maligno che perennemente lo seguiva, scongiurando il raggiungimento di una pace interiore per lui impossibile.
Da una sceneggiatura a quattro mani a cura del regista esordiente Dario Almerighi e del protagonista Mino Bonini (è lui che interpreta il gigantesco e sconvolto 42-66), "42-66 Le origini del male" è un horror girato a bassissimo costo la cui vicenda pare essere ispirata a cupe vicende realmente accadute.
Sia vero o meno tutto ciò, bisogna dare atto alla squadra di essersi impegnata nella realizzazione di un film cupissimo che non concede molto alla speranza, che non fa mai nulla per compiacere il pubblico, né tantomeno aspirare a guadagnarsi qualche consenso tramite accomodamenti imbarazzanti o fuorvianti compromessi.
Ne scaturisce un film interessante soprattutto per le torve atmosfere senza scampo, e per la cupa malvagità senza tregua che devasta ogni personaggio, gettando lo spettatore entro un girone infernale dal quale è impossibile scorgere un minimo bagliore di luce e salvezza.
Certo la povertà dei mezzi costringe a compromessi e accorgimenti che influiscono non poco sulla riuscita complessiva dell'opera, ma va anche considerato che la coppia di sceneggiatori ed artefici del progetto, potrebbe davvero dare ottima prova di se al servizio di una produzione un po' più generosa.
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