Ricordate, amici miei, non ci sono né cattive erbe, né uomini cattivi.
Ci sono solo cattivi coltivatori
Victor HUGO, Les Miserables
Ricordate, amici miei, non ci sono né cattive erbe, né uomini cattivi.
Ci sono solo cattivi coltivatori
Victor HUGO, Les Miserables
“Tu sei uno che ha sempre pensieri oscuri”. Con questa potente frase si delinea netto Salah.
Salah in arabo significa pace. Salah è un uomo mite, pacifico appunto e il suo equilibrio, da Imam, mitiga una folla di scentrati. Quelli di Les miserables, a Clichy-Montfermeil, periferia parigina, in una delle tante banlieu, non casualmente la stessa dove Hugo scrisse e dipinse, in un affresco ancora estremamente odierno e indelebile, i suoi Miserabili e dove, lo stesso geniale regista Ladj ly ricorda un'infanzia di scontri e polizia.
Neri, mussulmani, piccoli teppisti, religiosi, fanatismo, zingari e rom, tutte le diversità si accentrano e permeano il quartiere, cercando una forma di personale sopravvivenza che, a volte, è impedita proprio da coloro che dovrebbero contribuire a mantenere l’ordine in luoghi decentrati sulle disuguaglianze che vi imperano sovrane. Siano esse sociali. Economiche. Etniche. Colpevole non solo lo stato, ma anche una sua emanazione che non si prodiga al dialogo, all'ascolto, ma nei casi raccontati semina ulteriore odio: la polizia.
Un’immagine su tutte: un bambino nero, con la faccia e l’occhio distrutto da uno sparo delle forze dell'ordine, seduto su un divano di masserizie e rifiuti urbani, quasi il suo corpo fosse roba da macero, tutt'uno col degrado che lo attornia, alle cui spalle si staglia un casermone tipo alveare di Scampia, di una Favela di San Paolo, o di Calcutta, per rendere universale il contesto, dove il più operoso dei suoi abitanti spaccia, mentre gli altri tentano di sopravvivergli.
Tensione palpabile in tutto lo svolgimento, coadiuvata dalle musiche surreali, come le atmosfere stesse, dei Pink Noise. Ottima la suspence del film come della vita, in un momento in cui in America e nel resto del mondo, esplodono le proteste per il povero George, colpevole solo di essere vivo, nero e svantaggiato economicamente, oltre che socialmente ed epidermicamente, secondo i canoni malati di un mondo che oggi gira al contrario.
Il film sui diritti delle minoranze oltre ad avento vinto molti premi, tra cui quello della giuria a Cannes 2019, assume quindi una valenza ancora più potente, armonica, intelligente, pur non essendo il primo interessante film sulle Banlieu parigine e le loro devastanti, unconnue o mistificate realtà.
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