Regia di Chloé Zhao vedi scheda film
Rimasta vedova e perso il lavoro di operaia all'interno di un'industria estrattiva, Fern sceglie di fare una vita da "nomade". Alla guida di un furgone adattato a camper viaggia attraverso gli U.S.A. mantenendosi con lavori occasionali ed incontrando persone, le quali, come lei, per scelta o per sorte, vivono nella stessa maniera. Il film descrive un particolare contesto sociale legato ad una fascia di popolazione statunitense infoltita a causa delle conseguenze della crisi economica del 2008. Questi "nomadi" autoctoni attraversano la loro nazione da un capo all'altro, assembrandosi e poi disperdendosi, per poi incontrarsi nuovamente lungo la strada, intesa non solo nel suo significato letterale, ma anche, e maggiormente, come percorso di vita il quale riserva incognite e probabilmente difficoltà, ma si orienta secondo la stretta volontà di chi sceglie di intraprenderlo. Queste persone, proprietarie di pochi beni materiali, quelli strettamente necessari alla loro quotidianità oltre, naturalmente, al veicolo che fa loro da casa, sono infatti libere. Libere dalle convenzioni, libere dalle apparenze, libere dalla schiavitù del possesso e dalla mania dell'accumulo; godono delle piccole cose, dell'affetto reciproco, delle bellezze della terra americana, in grado di offrire un'eccezionale varietà di panorami. Non vivono di carità o malaffare; si mantengono svolgendo lavori stagionali, spostandosi anche in loro funzione. Hanno forti dignità, individualità, capacità d'introspezione; chiedono ed offrono il massimo rispetto per le loro privacy. Fern ha, comunque, possibilità di cambiare vita. Incontra la sorella, donna sedentaria molto diversa da lei, la quale, pur rimproverandole errori di gioventù, l'accoglie con piacere. Si reca, poi, nella grande casa dei parenti di Dave, un suo coetaneo e compagno di strada che il figlio, ad un certo momento, ha voluto nuovamente con lui. Nonostante una buona accoglienza, la donna sceglie di allontanarsi; di riprendere quel percorso che le consente di rimanere sola con sè stessa ed i suoi ricordi, belli e brutti. C'è spazio anche per una sottile autocritica, ma Fern non demorde. La sua casa è il furgone; ma la sua città ... l'intera America. Il ritmo del film è lento. La regista Chloe Zhao racconta ed approfondisce il personaggio di Fern mostrandolo nel confronto con le altre persone - in particolare, nei molti e vari incontri, ricchi di dialoghi - ed alle prese con i grandi e piccoli problemi che questo modo di vivere inevitabilmente porta con sè. Un guasto al motore del furgone è un disastro, per Fern. La donna è ottimamente interpretata da Frances McDormand, che avevo precedentemente apprezzato in "Tre Manifesti A Ebbing, Missouri". Volto e movenze esprimono sofferenza, ma anche tenacia, determinazione, voglia di andare avanti. Il racconto si snoda attraverso paesaggi ed ambienti di vario genere. Bellezze naturali, semplici agglomerati urbani ... e contesti di lavoro a noi noti, mostrati, con intento critico, dal punto di vista dell'impiegato, il quale è spesso un'unità minuscola, una quasi insignificante rotella di un ingranaggio perfetto - si pensi allo stabilimento di Amazon - eppure in grado di tener testa al conseguente annichilimento grazie ad uno spirito vivace ed un innato senso di umanità. Il film non induce tensione, ne' è volto all'intrattenimento; succede poco o nulla. Non so quanto la descrizione di questa categoria di persone corrisponda a realtà; Fern, pur conducendo vita vagabonda, sembra non essere mai in pericolo, nè a causa di altri nomadi - possibile incontri solo brave persone ? - nè di delinquenti generici, nè, infine, per incomprensioni con residenti. E' una riflessione, questa, che ho fatto a posteriori. Il film è piacevole così com'è. Le descrizioni vivide, i panorami, un'ottima interpretazione della protagonista, e la colonna sonora di Ludovico Einaudi, lo rendono interessante ed emozionante.
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