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Nomadland

Regia di Chloé Zhao vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Nomadland

di obyone
8 stelle

 


Frances McDormand

Nomadland (2020): Frances McDormand

 

Venezia 77. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica.

Quando le foglie ingiallite cadono sui vialetti delle case americane inizia il periodo delle feste e con esso si mettono in moto quei fenomeni di massa ormai abituali anche in Italia. Black Friday, cyber monday, cyber week sono termini con cui abbiamo imparato a ragionare nel mese di novembre tanto che i cari vecchi saldi post Epifania sembrano un vecchio ricordo. Negli Usa si rincorrono il giorno del Ringraziamento, la festa di Natale ed il Capodanno a scandire le abitudini di consumo degli americani.

Amazon, il colosso dell'e-commerce, nel mese di novembre scalda i motori, mette mano alla liquidità e assume il numero sufficiente di precari per fronteggiare il più frenetico, snervante e redditizio periodo dell'anno che si conclude il giorno dopo Natale quando l'albero rinsecchito finisce nel pattume. Per un paio di mesi i parcheggi dei centri smistamento della creatura di Jeff Bezos brulicano di automobili e caravan. Ritornano deserti quando gli acquirenti hanno spremuto, fino all'ultima goccia, le carte di credito presenti nei loro taccuini. Finiti i soldi e finite le vacanze gli impiegati assunti per fronteggiare l'emergenza shopping tornano nel precariato da cui erano venuti scomparendo dai radar di Amazon insieme alle festività, almeno fino all'autunno successivo.

 

Frances McDormand, David Strathairn

Nomadland (2020): Frances McDormand, David Strathairn

 

"Nomadland" inizia in una gelida giornata d'autunno quando Fern, ex insegnante, vedova, sufficientemente colta da ambire ad una più rispettabile posizione, inizia il suo periodo di precariato come addetta alla logistica di Amazon. Fern lascia il furgone, che le fa da casa, in un parcheggio per caravan, gentilmente offerto dalla direzione per la durata del contratto, ed inizia il proprio turno. Fern è una nomade dell'America depressa, quella degli stati centro-occidentali, dove le distanze sono abissali ed è difficile rifarsi una vita se le cose vanno male. Il marito è morto di cancro dopo una vita dedicata alla U.S. Gypsum che ha chiuso lo stabilimento di Empire, cittadina industriale nel deserto del Nevada. Senza il lavoro a portata di mano quel luogo è diventato un villaggio fantasma. Troppo lontano da tutto e da tutti per favorire qualunque sorte di pendolarismo. Le case vuote, le masserizie ammassate nei garage in affitto e le sterpaglie sul vialetto sono il ricordo di una comunità dispersasi alla chiusura dello stabilimento di cartongesso che ne reggeva le sorti economiche. Rimasta con una casa senza valore Fern si unisce ad un mondo a lei sconosciuto, quello dei nomadi che si spostano da un luogo all'altro dell'America in cerca di lavori temporanei come la raccolta delle barbabietole, la vendemmia in California, il servizio estivo nei grandi parchi naturalistici sulle Montagne Rocciose.

I grandi colossi come Amazon hanno le risorse per piegare ai propri interessi anche le congiunture economiche sfavorevoli riducendo i costi e mantenendo costanti gli utili qualora si prospetti una stagione di ricavi infelice. Uno dei sistemi più subdoli è quello di aprire i centri logistici in zone remote del paese affinché i lavoratori locali non possano accampare diritti salariali. Non c'è lavoro? Ebbene Amazon ne porta un po' dove non ce n'è più ma alle proprie condizioni. Paghe basse, pochi posti fissi e mille altre clausole che nel nostro paese, dove vi è una diversa cultura del lavoro, neanche immaginiamo. Prendere o lasciare.

La cattedrale "industriale" nel deserto, in quelle zone d'America, rurali o minerarie, dove la rivoluzione industriale sembra aver fatto solo alcune brevi soste, funziona nella sua subdola efficienza. La domanda di lavoro è maggiore dell'offerta per cui i residenti ringraziano per avere qualcosa da fare nelle vicinanze e si dimenticano di tutto ciò che potrebbe andar meglio. In quei luoghi in cui arrivano nuove risorse multinazionali il valore degli immobili si alza e qualcuno approfitta per una pallina finita, per una volta, sul numero giusto della roulette. Per gente come Fern, rimasta con una casa senza valore, e magari i debiti per un mutuo concesso con troppa disinvoltura, non resta che partire sulle ruote di una casa viaggiante e percorrere l'Arizona, il Nevada, la California alla ricerca del lavoro.

  

Frances McDormand

Nomadland (2020): Frances McDormand

 

La regista cinese Chloe Zhao ha compiuto un viaggio nell'America delle disuguaglianze e ne ha fatto un ritratto sconcertante. A ricordarci che il film è finzione vi sono Francis McDormand, che pare abbia ottenuto da Amazon un contratto di lavoro, e David Strathairn. I loro personaggi sono inventati ma tutto il resto è vero. La Us Gypsum, la cittadina fantasma di Empire, i luoghi di lavoro e soprattutto le persone incontrate da Fern sulla strada. Qualcuno ha accusato Chloé Zhao di essere stata troppo morbida nei confronti di Amazon che le ha aperto le porte (ricordo però che il film è stato finanziato da Searchlight/Disney e non da Bezos per la piattaforma Prime Video). La regista ha risposto prontamente che non era suo interesse dirigere un film politico, piuttosto di fotografare la realtà del paese. Le credo solo in parte. La scelta di un genere meticcio che abbraccia fiction e documentario in egual misura converge verso le dichiarazioni della regista. Che non ci sia un messaggio politico nella narrazione è piuttosto discutibile anche se Zhao cerca di mantenersi in un territorio di osservazione lasciando, piuttosto, alla passionaria e vulcanica McDormand il compito di mettere in bocca al proprio personaggio uno sfogo contro il capitalismo bancario che ha stritolato il paese sotto un enorme debito privato cresciuto a dismisura fino a deflagrare nella crisi dei mutui supbrime. Nella sequenza in cui una coriacea Fern dibatte con il cognato e i suoi amici Chloé Zhao lascia, per pochi minuti, le redini a McDormand che inscena una filippica sul sistema americano che sprona le persone ad accumulare ciò che non serve e ad indebitarsi per ottenere quanto desiderato. Il mercato immobiliare, in particolare, finisce sotto la lente di ingrandimento di Fern. È questo ad aver ridotto sul lastrico gli americani poiché, nel momento in cui la decrescita economica, nel tempo in cui i crediti spazzatura accumulati dalle banche hanno causato un effetto recessivo a catena, il mercato immobiliare non ha smesso mai, neanche un momento, nemmeno davanti alle terribili insolvenze dei compratori, di lusingare il consumatore con immobili fuori portata.

Lo stile di Zhao non impedisce, a mio avviso, di intravvedere una critica politica e sociale intorno al mondo del lavoro, della finanza e soprattutto del consumismo eletto da Amazon e affini come l'unica via da intraprendere per mantenere elevati standard di crescita economici e sociali. I nomadi, quelli veri, che Fern incontra nel suo pellegrinaggio steinbeckiano dicono molto più di quanto Zhao abbia potuto leggere nel libro-inchiesta omonimo di Jessica Bruder. Tutte le problematiche della modernità, accennate dai compagni di viaggio di Fern durante le confidenze attorno ad un falò, raccontano di un'America precaria, individualista e consumista afflitta dalla mancanza di welfare, di cultura e spirito di critica. Amplificate da un'opera d'arte che ha le ambizioni di esercitare un impatto sul pubblico le parole di Linda, amica di Fern, dell'anziana Swankie, che vende tutto ciò che possiede per un ultimo viaggio in Alaska, del "santone del deserto" Bob Wells, che raccoglie intorno a sé gli uomini e le donne della strada dimenticati dalle istituzioni, assumono un significato politico difficile da ignorare. Il modo di pensare degli americani non porta da nessuna parte. Che sia un popolo di "houseless" a profetizzare la necessità di un sentire diverso è un vero smacco per la politica del paese che viene visto a livello mondiale come esempio di democrazia e virtù. Fortunatamente lo sguardo di Zhao non si cristallizza attorno alla politica. Lo sguardo della regista è il riflesso dell'intimità e della quotidianità delle persone coinvolte nel progetto sia che raccontino le loro personali tragedie, sia che condividano una tazza di caffè.

 

Frances McDormand

Nomadland (2020): Frances McDormand

 

Zhao sembra dire che la vita è un cerchio. Si arriva al punto di partenza. Sempre. La nascita e la morte sono inizio e fine di un percorso che le strutture temporali vogliono lontane l'una dall'altra. Spiritualmente, invece, l'una solo l'inizio o la fine dell'altra. La vita è un cerchio, non una linea retta. Il cerchio è perfetto. Lo è anche la vita. Il cerchio è l'infinitezza. Lo è l'amore che lega Fern al marito tenuto al dito in una fede nuziale. Zhao ci parla della vita. Il nomadismo ne è la metafora. Ci sono le soste e le ripartenze. Gli incontri lasciano posto alla solitudine ma poi nuovi cerchi si incrociano dando vita a nuovi incontri e nuove esperienze. Fern lascia Empire per ritrovare se stessa e finisce dopo un'anno di spostamenti nello stesso luogo per dire addio al marito e ripartire da uno stallo durato troppo a lungo. Nel suo cammino ciclico verso l'origine Fern ha abbandonato il superfluo per concentrarsi sul necessario, ha optato per la propria serenità interiore abbandonando la ricchezza esteriore e la più ostentata materialità pur mantenendo intatto il proprio raziocinio. Il cerchio è lo spirito e l'anima. È un piatto di ricordi e sentimenti frantumati ed incollati con cura. È un treno di ruote da caravan, la bocca di una latta di minestrone Campbell, il bordo spesso di un bicchiere di carta colmo di caffè. Il cerchio è il terreno e il celeste, come il guscio fragile di un uovo di rondine rotto a metà o il contorno lontano di Giove che fa mostra di sé grazie alla lente di un telescopio che cerca nel deserto la luce delle stelle. Il cerchio è una strada che ti porta ora qua, ora là e ti riporta ovunque dentro di te per perderti e ritrovarti. Allora non ci resta che ripetere il mantra di Fern, Bob, Linda, Swankie che insieme al punto di vista lucido e originale di una regista cinese ci racconta un'America diversa ma a suo modo perfetta. "See you down the road". Ci vediamo nell'infinito aggiungo io.

 

locandina

Nomadland (2020): locandina

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