Regia di Chloé Zhao vedi scheda film
VENEZIA 77 - CONCORSO
L'atteso ritorno in regia di Chloe Zhao, dopo il successo incredibile e meritato del suo western malinconico e crepuscolare The rider, visto a Cannes e diventato un cult, pone nuovamente al centro persone dimenticate e afflitte da malesseri e sfortune che finiscono per smontare quella illusoria regola matematica che, da troppo tempo, predica e ci fa credere che impegno, dedizione e senso del sacrificio siano gli ingredienti ottimali e sufficienti affinché si avveri matematicamente il cosiddetto "miracolo americano".
Tutt'altro: la sfortuna, la congiuntura economica negativa, le incognite legate alla salute, possono creare e creano crateri e fratture in grado di portare anche i più arditi, volenterosi e saggi, verso la soglia drammatica dell'indigenza.
La Fern protagonista di questa drammatica epopea dei poveri - sorta di nuovo Furore non meno epico e drammatico dell'originale, pur se riveduto ed aggiornato ai nostri tempi schiavi e succubi di un capitalismo sfrenato e cannibale che non accetta freni né interruzioni (gli effetti catastrofici del lockdown nelle società vhe saggiamente hanno scelto di adottarlo per fronteggiare la minaccia da Covid 19), è l'antieroina che affronta, con dignità e un coraggio incredibile, le avversità che l'hanno portata agli antipodi di quella realizzazione inevitabile che il sogno americano prevede e predica.
Rendendo la donna se non propriamente una homeless, certamente una nomade. E come le carovane di Furore, ora i van di questo popolo migrante che si sposta alla ricerca di un lavoro stagionale o comunque precario, rappresentano intere città ambulanti: un popolo dignitoso e laborioso che ha scelto quella soluzione in nome di una dignità e coraggio di vivere che pretende dalle dure logiche di vita solo una regola necessaria ed irrinunciabile: la libertà, chevregala dignità e soddisfazione.
La Zhao racconta e filma tutto ciò con una brama narrativa perfetta, che non ammette piagnistei né ammiccamenti oltre il piccolo limite di tolleranza senz'altro accettabile che il film si porta con sé.
E grazie al volto stropicciato ed espressivo di Frances McDormand, il bel film struggente e necessario arriva alla meta necessaria per raccontarci, nel miglior modo che ci si può aspettare, una vera e propria, solida ed orgogliosa, emozionante epopea di vita che rifugge stucchevolezze o falsi compromessi narrativi, circondandosi di verità e personaggi reali. Un grande film che confuta il dubbio legittimo del fallimento di una grande, demagogica ed irrealizzabile chimera, sogno ad occhi aperti molto impraticabile ed ingannevole su cui si basa troppo ingenuamente il mito del sogno americano.
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