Regia di François Truffaut vedi scheda film
Doinel, atto terzo. Il bambino dall'infanzia difficile dei Quattrocento colpi ed il ragazzino sognatore di Antoine e Colette è qui finalmente un uomo; anzi, si può dire un ometto, per i vent'anni che ha e per l'affetto che gli rivolge la sceneggiatura e la regia di Truffaut, che in Doinel-Léaud rivede il sè stesso di qualche anno prima. E infatti, come nei capitoli precedenti (e ne seguiranno altri due), le avventure di Doinel si ispirano direttamente alla vita concreta del regista, che cita sè stesso a piene mani e si permette pure di aprire con un'inquadratura emblematica della Cinétheque chiusa (in quei mesi Truffaut era fra i promotori della contestazione a favore di Henry Langlois, destituito dalla direzione della Cinétheque) - peraltro unico elemento 'politico' di tutta la carriera di un regista molto più attaccato alla fiction che alla realtà, che trovava per scelta propria rifugio nella fantasia e frustrazione ed incomprensione nel mondo reale. Questo terzo capitolo vede Doinel alle prese con l'iniziazione all'età adulta, e come sempre se la cava a modo suo: sperimentando, essendo sincero fino in fondo, comprendendo infine quale sia la strada più adatta per lui. Il che è ciò che accade nella vita vera: ma messa sotto forma di film (da Truffaut, vale la pena sottolinearlo), è tutt'altro che una storia ordinaria e priva di momenti di grande fascino.
Antoine Doinel, poco più che ventenne, viene esonerato dal servizio militare e sperimenta i primi lavoretti: portiere d'albergo, investigatore e infine riparatore di tv. Parallelamente si evolve il suo rapporto con le donne: dalle prostitute frequentate da soldato all'accettazione della fine del suo grande amore mai corrisposto (Colette, nel frattempo sposatasi e con un figlio), allo sbocciare del rapporto con Christine.
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