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Antoine e Colette

Regia di François Truffaut vedi scheda film

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La recensione su Antoine e Colette

di Aquilant
8 stelle

Nella scena finale dei “400 colpi” Truffaut compie una mossa a sorpresa contravvenendo alla regola canonica dettata dai consueti meccanismi narrativi cinematografici che legano una normale catena di eventi ad una serie di relazioni di causa ed effetto. E ci propina di conseguenza un finale aperto con la mdp a stringere in un leggendario stop frame sul volto del ragazzo in fuga posto a tu per tu con l’immensità del mare, facendoci rimanere per qualche tempo col fiato in sospeso circa la sua sorte.
Bisognerà infatti aspettare tre anni per veder comparire il secondo episodio della saga, “Antoine et Colette” che nonostante la sua breve durata assume fondamentale importanza per una adeguata comprensione del ciclo completo di Antoine Doinel. Inserito all’interno del film “L’amore a vent’anni”, in cui cinque registi diversi esprimono a turno il loro punto di vista su questo travagliato ma fondamentale sentimento umano, il film respira all’unisono con il suo protagonista e lo sguardo del giovane protagonista, archetipo del perfetto antieroe truffautiano, domina completamente l’avvicendarsi degli avvenimenti dettando il ritmo e le modalità dell’intreccio ed andando ad interferire perfino sulla progressione musicale che marcia di pari passo col crescere delle sue emozioni nella famosa sequenza della Salle Pleyel.
L’autore tenta in qualche modo di mascherare l’evidenza autobiografica tramite un timido distacco critico dalla materia trattata, peraltro difficilmente percepibile, ma la sua identificazione con il personaggio di Antoine Doinel è sempre più lampante. Appare però evidente la mancanza di uno script vero e proprio, a giudicare dalla frammentarietà della pellicola. Truffaut si affida di volta in volta ad una serie di improvvisazioni felicemente portate a termine che denotano oltretutto una spiccata componente di spontaneità ed una freschezza innovativa che fanno passare in secondo piano taluni difetti di fondo della pellicola.
In definitiva il regista arriva ad innalzare un vero e proprio canto di disillusione in quello che può essere considerato un vero e proprio conflitto tra la prorompente forza del sogno adolescenziale e la cruda realtà che butta in un tritacarne tutti i sogni, i desideri, le ambizioni di una vita che si avvia ad un cammino di definitiva maturazione. Ma si tratta solamente di una tappa intermedia. L’inevitabile passaggio dall’adolescenza all’età adulta riserverà ancora mille sorprese ad Antoine Doinel e non siamo ancora alla metà della saga. E già la realtà dei baci rubati comincia ad affacciarsi all’orizzonte in un deciso “allegro con brio”.

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