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Antoine e Colette

Regia di François Truffaut vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Antoine e Colette

di yume
9 stelle

L’amore a vent’anni, brutta storia! O forse no …

locandina

Antoine e Colette (1962): locandina

Quando Truffaut scrisse “La vita scende e lo spettacolo sale” intendeva certo parlare della macchina dei sogni, il cinema, di cui fu grande manovratore.

Il finale di Antoine et Colette, al contrario, con i tre incollati al televisore per seguire il concerto di Schwarzhof che, ahimè, Antoine avrebbe preferito ascoltare in sala con Colette se solo lei l’avesse badato un po’, quel finale è purtroppo un presagio, un avvertimento, la morte annunciata davanti allo schermo TV di masse sedotte dalla pervasività della simulazione visiva affidata al tubo catodico.

In quel fermo immagine di spalle l’uomo scompare, il grande occhio s’illumina, Truffaut raddoppia.

Il primo fermo,nel '59, fu quello sulla fuga verso il mare di Antoine Doinel, lontano dalla famiglia, dal riformatorio, verso una libertà che non sapeva quanto costasse cara.

François Truffaut

I quattrocento colpi (1959): François Truffaut

 

François Truffaut

Incontri ravvicinati del terzo tipo (1977): François Truffaut

Era il dentro e il fuori, io e il mondo, gli occhi che guardavano oltre la cornice, verso la macchina e poi verso la vita.

Antoine Doinel, nel 1959, era stato il piccolo ribelle, lo scugnizzo de I 400 colpi, un Jean Pierre Léaud che cresceva e a cui, nel ’62, Truffaut affidò la sua parte in quella semi-autobiografia che scrisse in cinque film.

Antoine e Colette era il secondo movimento della sinfonia e partecipò a quella collezione antologica del 1962 , Love at Twenty , che presentava cortometraggi di registi famosi come Shintarô Ishihara , Marcel Ophüls , Renzo Rossellini e Andrzej Wajda .

Trentadue minuti che hanno la completezza di un lungometraggio, un corto di straordinaria leggerezza per il ritmo giocoso con cui si muove per le strade di Parigi, entra in camere in affitto e sale da concerto della “Jeunesse musicale”, visita addirittura i laboratori della Philips, dove ora lavora Antoine, a veder nascere i gloriosi vinili.

Il ritmo è segnato da un mix che mescola Berlioz alla colonna sonorascritta da Delarue, Bach agli chansonniers dei magnifici anni ’60, mentre la fotografia di Raoul Coutard,con il tocco di Henri Cartier-Bresson, dà brillanti tagli di luce agli angoli di Parigi e ai suoi personaggi e il montaggio sapiente di Claudine Bouche, immagini fisse, flashback, primi piani sui protagonisti e riprese ampie di sale da concerto piene di giovani, punteggia i passi di Antoine lungo la parabola di un "jeune amour"totalizzante e, purtroppo, con esito deludente.

Una storia non-storia, quella di Antoine et Colette, dove nulla accade che non sia la vertiginosa caduta di Antoine in un innamoramento totale, invasivo, inutile perché non corrisposto da Colette (Marie-France Pisier).

Colette è la donna che tutti incontrano almeno una volta nella vita, gli uomini s’intende, raro che accada il contrario.

E’ un rito di iniziazione dove s’impara ad amare o ad odiare, o, al meglio, a conquistarsi quell’equilibrato dosaggio che fa ingranare le marce giuste.

Truffaut fa di Antoine Doinel il modello in cui lui si rispecchia, la storia del ricordo di un amore, un frammento della sua vita, essenziale anche se circoscritto, qualcosa che si potrebbe definire un uno screening sulle capacità di un adolescente di adattarsi ad intrecci, climax, peripezie e catastrofi che saranno il sale della vita successiva.

Jean-Pierre Léaud, Patrick Auffay

I quattrocento colpi (1959): Jean-Pierre Léaud, Patrick Auffay

La flâneurie nella città di Antoine con l’amico delle scorribande infantili,Patrick Auffay nel suo ruolo di René, ora agente di borsa, è quella di un diciottenne convinto di avere in mano il suo destino, sicuro di sé ora che la famiglia castrante è stata abbandonata e le istituzioni gli hanno dato fiducia lasciandolo in libertà vigilata fuori dal riformatorio.

Antoine ha un lavoro coerente con la sua passione per la musica, e la musica sarà galeotta nel suo incontro con Colette, seduta due file più avanti al concerto.

Lei ha la seducente armonia della giovane donna in fiore, accoglie Antoine offrendogli amicizia, scambio di idee sulla musica, compagnia per un caffè. Nient’altro. Ma Antoine è partito a razzo, arriva a spostare tutti i suoi averi in un rocambolesco trasloco nella stanza d’hotel che ha le finestre di fronte all’appartamento di Colette.

Arriveranno, dopo Antoine et Colette, valanghe di film con lui che spia lei dalla finestra di fronte, ma Truffaut no, con amabile e divertita ironia fa arrivare padre, madre e Colette in auto nella strada sottostante, guarda caso lo vedono sbirciare dal balcone, il poverino non fa in tempo a sparire dietro le tendine.

Una scena sublime sulla sostenibilissima leggerezza dell’essere, salgono tutti su, si affacciano ai due balconcini con Antoine a guardare quel pezzetto di Parigi come cosa normalissima, poi via a cena nell’appartamento di fronte.

Ma Colette sa quel che vuole e il nostro povero Antoine dovrà rassegnarsi e finire di sbucciare malinconicamente quel mandarino.

Poi Truffaut ci lascia a riflettere, avvolti nel buio del salottino piccolo borghese, subito dopo cena, davanti al televisore. Colette è andata via e c’è il concerto di Schwarzhof in diretta.

E’ questo che aspetta il giovane Antoine? Quel piccolo furfantello spensierato che rubacchiava per fumare, che correva verso il mare, che voleva abbracciare il mondo?

L’amore a vent’anni, brutta storia! O forse no …

 

www.paoladigiuseppe.it

 

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